Calcionews24
·19. März 2025
Italia-Germania, Bierhoff: «Nel 1982 mi piaceva l’Italia, scelsi il numero 20 per Paolo Rossi. Conte non era un avversario simpatico. Del lavoro di Spalletti penso questo»

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·19. März 2025
Oliver Bierhoff è stato il centravanti che ha regalato l’Europeo alla sua Germania nel 1996 con una doppietta in finale. In Italia ha giocato, si è vinto uno scudetto con il Milan, è un profondo conoscitore del calcio anche per la sua importante carriera dirigenziale. La Gazzetta dello Sport lo ha intervistato il giorno prima di Italia-Germania.
IL SUO PRIMO ITALIA-GERMANIA – «Il Mondiale militare. Perdemmo 2-0. Avevo 19 anni e dall’altra parte c’erano anche Vialli e Ferrara. Si diceva già che fossero grandi calciatori. Ma si parlava anche di un ragazzo che sarebbe esploso, anche se non era a quel torneo: Paolo Maldini».IL PRIMO RICORDO AZZURRO – «No, avevo 14 anni nella finale del 1982. Collezionavo le figurine per l’album Panini, mi piacevano gli azzurri: Scirea, Cabrini, Zoff, Paolo Rossi. Anche se la Germania ha perso contro di loro, questi grandi calciatori italiani mi avevano colpito. Così quando sono andato in Austria a giocare avevano già i numeri liberi, non da uno a 11 come in Germania. E io, tedesco, presi il 20 come Paolo Rossi. Non l’ho più lasciato».LA SCONFITTA A EURO 2012 – «Quella fu veramente una botta dura per noi, perché non ci sentivamo inferiori, al contrario del 2006. La sconfitta nel 2012 è stata forse una delle più amare e più sentite nella nostra era. Anche se poi ci spinse al titolo Mondiale del 2014».LA VITTORIA AI RIGORI NEL 2016 – «Altra notte di tensione, ma passammo noi. Di Conte ho grande rispetto, dà grande grinta, però da avversario non è proprio simpatico. Era così anche da calciatore, quando ci avevo giocato contro non era uno che piaceva, che parlava tranquillamente con te. A Bordeaux quasi non ci siamo neanche guardati. In campo poi avevamo più qualità, ma l’ultimo rigore è entrato in maniera strana, debole. Si vede che era scritto nelle stelle».LA CRISI DELL’ITALIA – «L’Italia non è più l’avversario di cui si ha più paura, la bestia nera. Senza offendere nessuno, però soprattutto nel 2006 c’era altra qualità negli azzurri. Io penso che sia stato un grandissimo risultato vincere l’Europeo del 2020, ma generalmente tanti nomi non sono al livello del passato».LA RICOSTRUZIONE DI SPALLETTI – «Si deve avere l’orgoglio di giocare in nazionale, di trovarsi bene in un’unità che ha degli obiettivi grandi e che capisci che si possono raggiungere solo con entusiasmo e spirito di squadra, anche se c’è meno qualità. Se hai 10, 12, 15 campioni, come abbiamo avuto anche noi nel 2014, è più una gestione di persone. Altrimenti devi lavorare sul gruppo, sull’identità, sulla disciplina. Andare in campo e capire che il risultato si può ottenere soltanto insieme».