Juventusnews24
·30 April 2025
Martina Rosucci: «Scudetto diverso, non mi serve la fascia per essere una leader» – ESCLUSIVA

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·30 April 2025
‘1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12… No, non è una prova microfono. Vi sto già annoiando, vero? Pensate se dovessi contare fino a 559. Molto probabilmente skippereste in avanti questo video. Martina Rosucci non ha potuto skippare, anzi spesso è dovuta tornare indietro nei 559 giorni, non secondi, intercorsi tra il suo infortunio al legamento crociato, il terzo, e il suo rientro in campo. Là dove è tornata fondamentale, con la sua presenza, con il suo contributo, con la sua leadership. Là dove la Juventus Women l’ha aspettata per tornare a vincere insieme lo scudetto in Serie A femminile.
Ciao Martina, immagino siano stati giorni di grande emozione«Descrivere le emozioni di questi giorni, di questi mesi in realtà, non è facile. Penso si sia visto tutto nei nostri festeggiamenti, molto sentiti da parte di tutte. È una cosa che mi è piaciuta molto. Noi rimaniamo sempre su un profilo basso, ma dopo due anni di sofferenza si è vista una gioia particolare. Una gioia che nasconde anche del dolore. Ma ha prevalso la felicità per il raggiungimento di un obiettivo che quest’anno percepivamo di poter conseguire, sin dai primi giorni. È stato bello ed è bello ora avere un altro obiettivo (la finale di Coppa Italia ndr). C’è la gioia di aver conquistato lo scudetto sapendo che bisogna andarsi a giocare un altro trofeo».
È uno scudetto diverso dagli altri cinque?«Gli scudetti sono tutti bellissimi, ma questo è proprio diverso. Noi siamo arrivate qua e abbiamo vinto per cinque anni di fila, non dico senza accorgercene ma eravamo una macchina. Lavoravamo bene e facevamo le cose giuste, ma quando lo fai in maniera ripetitiva diventa quasi un automatismo. E crei quella che è la mentalità Juve. Ora, dopo due anni di sofferenza dove siamo state noi a non riuscire a vincerlo… Ha un valore diverso. In questi due anni abbiamo sofferto perché non siamo riuscite a fare le cose come avremmo potuto. Parlo principalmente di noi. Ci sono state tante critiche, alcune molto eccessive. Proprio molto. È bello essere riusciti a vincere questo scudetto con delle persone nuove che sono arrivate e che hanno portato un grande senso di umiltà e di appartenenza alla Juve, pur essendo al primo anno. Soprattutto è bello perché in questo scudetto ci sono anche delle persone che hanno vissuto sia questi due anni sia i primi cinque e sono rimaste nella difficoltà della Juventus. Sono rimaste perché nonostante non arrivassero le vittorie credevamo che non era ancora finita, come tutti invece dicevano. Sentivamo che non era così. Aver dato questa dimostrazione a noi stesse e averlo fatto per la Juve, che ci ha dato tanto, dà un senso di pienezza. Ed è per questo che questo scudetto è diverso agli altri».
La chiave del successo è stata la compattezza che si è creata tra le nuove e chi c’era già?«È anche questo. I due anni passati non sono stati solo negativi. Abbiamo imparato tanto. Noi abbiamo accolto in maniera diversa queste ragazze che – si vedeva – erano subito felici di essere alla Juventus. La Juve per loro era un’opportunità, non un ripiego. Venire alla Juve è un orgoglio, forse siamo riuscite e a trasmetterlo meglio anche noi. Ho trovato grande disponibilità e delle persone meravigliose. Tra noi ragazze si è creato qualcosa di incredibile. Le persone singolarmente sono buone e questo fa bene alla Juve. Vinci gli scudetti anche per questi motivi, non per le giocatrici forti ma anche con le persone di un certo spessore».
In questo lungo periodo di assenza dal campo per te è stato più complicato assolvere a quel ruolo aggregante che tutti ti riconoscono?«Ci ho provato, fa parte di me. Ma non essendo presente sempre mi è risultato molto più difficile. Per me essere presente non significa esserci alla partita, ma esserci durante gli allenamenti, in palestra, in mensa, nei momenti in cui si parla e si trasmette cosa significa essere alla Juve. Sono mancata per un anno e mezzo e non abbiamo vinto, non per questo motivo, ma il mio apporto è mancato. Ho cercato di dare sostegno in altri modi perché era un momento difficile. Quest’anno che sono tornata in campo e c’ero ad ogni allenamento mi è riuscito molto meglio. Me lo riconosco perché è un qualcosa che fa parte di me, un qualcosa in cui mi impegno ogni giorno. Le persone qua si devono sentire bene. So se ti senti bene fai qualcosa in più per una squadra».
Come si insegna la juventinità?«È una domanda difficile. Io pendo di non insegnare nulla se non l’essere professionale al 100% ogni giorno. Le persone di base sono intelligenti. Nessuno è stupido. C’è chi è in grado di osservare e di capire di più e chi meno. Però sta anche in quelli che devono farsi osservare e capire. A me e ad altre ragazze, quando siamo arrivare, ci hanno insegnato cosa è la Juve. Stefano Braghin in questo ci ha veramente guidato. Dal giorno uno sappiamo cosa è la Juve: da una parte è difficilissimo trasmetterlo, dall’alta facilissimo perché basta essere se stessi e trascinare gli altri. Quando c’è un qualcosa ‘non da Juve’ o un qualcosa ‘da Juve’ bisogna farlo notare. Non sono nella negazione ma anche nel rafforzamento. Alcune di noi qui vivono la Juve nel sangue, questo fa la differenza».
Come hai preso la notizia del ritiro di Sara Gama?«Sara ce lo aveva anticipato, per noi è stato un duro colpo. La mia generazione, quella prima e anche quella dopo hanno avuto una figura da seguire. Quando si parla di capitano… Sara Gama è stata capitano di un’epoca, di tante generazioni. Lei ha detto una cosa: ‘Siamo arrivate a vivere dei sogni che non immaginavamo neanche’. Noi dobbiamo tanto di questo a Sara. Sono sicura al 100% che senza di lei non avremmo raggiunto tante delle soddisfazioni che ci siamo tolte a livello calcistico e di movimento. Non ci sono parole sufficienti per poterla ringraziare, quello che lascia è incredibile e sono sicura che lascerà qualcosa anche stando fuori dal campo».
Come si fa ad essere leader senza la fascia?«Non ho bisogno della fascia per dimostrare di essere una persona importante qua dentro. Sicuramente ci sono delle doti di leadership con cui nasci. Ricercarle sarebbe un qualcosa che va contro la leadership. Sei seguito solo se ce l’hai veramente. Di base io mi preoccupo che tutti stiano bene. Sono molto attenta, osservo molto. Quindi magari viene anche più semplice alle persone riconoscere in me questa cosa. Ma è talmente naturale che non mi sono mai nemmeno fatta questa domanda».
Tra le ragazze più giovani c’è qualcuna che vedi pronta ad ereditare questa leadership?«Non saprei farti un nome. Noi abbiamo un capitano che è Sara Gama. Poi ci sono una serie di figure che l’hanno fatto e lo fanno in diverse cose. Ci sono tanti leader e sono sicura che le ragazze più giovani lo vedano. Spero che noi più esperte riusciamo a trasmettere ciò che abbiamo imparato. Non saprei dirti però una persona: anche noi abbiamo avuto Sara ma poi ci sono state Arianna Caruso, una giovane con grande leadership, c’è stata Boattin che è la juventina per eccellenza ed è qui dal giorno uno, lo ha fatto Bonansea, lo ha fatto Girelli, lo ha fatto Salvai. Ma sono sicura che chi ha vissuto questo spogliatoio sappia sia cosa significa giocare nella Juventus sia cosa significhi essere leader».
Si ringraziano Martina Rosucci e l’ufficio stampa della Juventus per la disponibilità mostrata in occasione di questa intervista
La seconda parte dell’intervista sarà resa disponibile nei prossimi giorni