Cagliarinews24
·21 May 2025
Ricciotti Greatti: «Il Cagliari è stata una squadra unica, con Riva eravamo come fratelli. Ammiro Pavoletti e penso questo…»

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·21 May 2025
Fu uno dei trascinatori del Cagliari che nel 1970 vinse lo storico scudetto con l’indimenticabile Gigi Riva. Parliamo di Ricciotti Greatti, che ha vestito la maglia rossoblù dal 1962 al 1972 segnando 23 reti. Greatti ha ripercorso la sua esperienza in Sardegna in una intervista in esclusiva a La Gazzetta dello Sport; tra i temi affrontati lo scudetto, il ricordo di Gigi Riva e tanto altro. Vi proponiamo di seguito alcuni estratti delle sue dichiarazioni:
ARRIVO AL CAGLIARI – «Arrivammo io, Gigi Riva e Renzo Cappellaro, un centravanti che doveva essere il titolare, era stato capocannoniere della B. Aveva il numero 9. Infatti Riva, che aveva l’11, per quattro domeniche fece la riserva. Eravamo tutti attaccanti fortissimi, ma con quei due mi adattai io… spostandomi a centrocampo. L’imbecille sono stato io. E abbiamo fatto la storia».
RIVA – «Eravamo fratelli. Due persone simili. Riservate. Abbiamo giocato sempre insieme a Cagliari. Eravamo ambiziosi. E ogni sera ci fermavamo all’Amsicora a tirare, a calciare, fare cross. Noi e il portiere Reginato. Il custode Contardo verso le sette e mezzo veniva a dirci che aveva moglie e figli e doveva cenare. E noi lì… Non volevamo andar via. Poi tornavamo in foresteria. Io dormivo, loro giocavano a carte, fumavano, fino alle 2, le 3 del mattino. Gigi rompeva con le carte. Arrivava anche la polizia. Il ristorante di riferimento era il Corallo, in via Roma. Riso e bistecca, questo il menu. Qualcuno mangiava il pesce. È stata una squadra unica. Non si ripeterà più».
SCUDETTO – «Pensi che, dopo il trionfo, dall’ultima trasferta a Torino atterrammo a Decimomannu perché a Elmas c’era troppa gente. Una roba da film. Eravamo fortissimi. La palla l’avevamo sempre noi, non ricordo sconfitte in casa. Gli avversari ci temevano. Era un gruppo tosto e unito. Chi non si inseriva veniva redarguito. Ho sempre avuto un carattere forte: qualcuno per il “cravattino” l’ho preso e qualche ceffone l’ho dato. In campo ero fastidioso perché volevo sempre vincere».
MANCATO SCUDETTO – «Sicuramente. Ricordi sempre che uno scudetto, quello del 1969, ce lo hanno fregato. A Concetto Lo Bello strappai la giacchetta nera».
SIMBOLO – «Non esiste un popolo così. Mi sono innamorato di una donna speciale. Ho trovato dei fratelli. Persone che sono un po’ come i friulani. Amo tutto di Cagliari: la gente, la città, il Poetto, il Margine Rosso dove ho una villa. Il presidente Arrica mi vendette al Vicenza. Voleva fare l’affare. Rifiutai. Avevo ancora tre anni di contratto. Andai nel suo ufficio per dargli un cazzotto. Gigi disse: “Io rimango”. E noi: “Rimaniamo tutti”. Era lui il nostro trascinatore».
CAGLIARI – «Mi chiamarono in causa, capii che non faceva per me. Quando Gigi veniva a prendermi per la passeggiata gli dicevo: “L’importante è che ci sia tu”. Forse sarei stato un buon allenatore. Alle partite del Cagliari non vado, soffro troppo. In tv guardo dei pezzettini. Dico che lottare sempre per non retrocedere non va bene. Mi è piaciuto Claudio Ranieri, che ho ritrovato».
PAVOLETTI – «Apprezzo Pavoletti, mi sembra intelligente, bravo, onesto, un grande uomo. Merita Cagliari, di cui è l’ultimo vero simbolo».
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