PianetaChampions
·8 May 2025
🐺 Tiago Pinto: “Sono cresciuto molto a Roma. Svilar era il mio Golden Boy, Dybala è speciale”

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·8 May 2025
L’ex direttore sportivo della Roma, Tiago Pinto, ha rilasciato un’intervista ai microfoni di gianlucadimarzio.com in cui ha parlato anche della sua esperienza in giallorosso. Ecco le sue parole:
IL LAVORO – “In Inghilterra ma soprattutto qui a Bournemouth ho ritrovato la capacità di pianificare con tempo, avere una strategia chiara nel reclutamento e nel calcio che dobbiamo giocare. Invece alla Roma e al Benfica la pressione mediatica da parte dei tifosi e della stampa – e nel Benfica anche per le elezioni – cambia il fatto di voler fare le cose con strategia”.
L’ESPERIENZA IN ITALIA – “Nell’avventura a Roma sono cresciuto molto come direttore sportivo. Mi ha fatto molto piacere lavorare in Italia con grandi DS come Paolo Maldini, Massara, Ausilio, Pantaleo Corvino, che è un mio amico e mi ha tanto aiutato”.
ROMA – “Un posto speciale. Nei tre anni in cui sono stato lì non sono mai stato uno che parlava molto dei tifosi ma quello che mi manca veramente sono loro. Penso sia impossibile vivere in un altro stadio ciò che ho trovato in quello stadio”.
I TIFOSI DELLA ROMA – “La passione che i tifosi hanno per la squadra è una roba da brividi. Io scherzo un po’ con i miei amici del Benfica, loro sostengono che i tifosi del Benfica siano i migliori al mondo, io rispondo che lo pensano solo perché non sono mai stati a Roma. Sono stato molto fortunato perché in quei tre anni per strada tutti i giorni i tifosi mi hanno sempre trattato benissimo”.
SVILAR – “Mile è un ragazzo molto speciale. Tutti gli allenatori dei portieri con cui lui ha lavorato mi hanno sempre detto che lui era il migliore mai avuto. Tutti i giocatori che hanno giocato con Mile e tutti gli allenatori che lo hanno allenato mi hanno ripetuto lo stesso. Gli mancava il ‘click’. Perché chi lo vedeva in allenamento si rendeva subito conto che quel ragazzo non era normale”.
SVILAR – “Quando vedo le parate che fa, mi emoziono. A Benfica lo chiamavo ‘il mio Golden boy’. Tutto merito suo, io non c’entro nulla. Per me era ovvio che sarebbe diventato uno dei migliori del mondo ed era solo una questione di tempo”.
L’ACQUISTO DEL CUORE – “È difficile perché ancora oggi mantengo i contatti con tutti i giocatori che ho preso. Lo faccio sia se hanno fatto bene sia se hanno fatto male. Quando un giocatore che ho preso non fa bene mi sento in colpa e penso sempre che si poteva fare qualcosa in più. Se un giocatore non va bene è anche colpa mia”.
I GIOCATORI PORTATI A ROMA – “Svilar, Ndicka, Aouar, Paredes. E non posso dimenticare il più grande di tutti, Dybala, che non posso non dire che è speciale. Lo guardi in allenamento, tocca il pallone e pensi: ‘Bingo’. Tutte le altre cose sono chiacchiere. Per me è difficile sceglierne uno ma se dovessi farlo, oltre Mile con cui ho un rapporto diverso, direi Paulo”.
IL LAVORO – “Il lavoro è lavoro, quello con Benfica e Roma mi ha fatto crescere molto, ma ciò che è più importante per me è che le persone con cui ho lavorato possano dire che io sia una brava persona. In vita mia io voglio essere ricordato come una persona buona. Credo di esserlo”.