DI CASA IN CASA | GLI STADI DELLA NOSTRA STORIA - PARTE 2 | OneFootball

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·1 de noviembre de 2024

DI CASA IN CASA | GLI STADI DELLA NOSTRA STORIA - PARTE 2

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Ci siamo lasciati anticipando uno Stadio in cui - seppur con nomi differenti - la Juve avrebbe giocato per decenniParliamo dello Stadio “Benito Mussolini”, voluto in piena epoca Fascista dal Duce in persona, per celebrare i Giochi Littoriali di quell’anno e i Campionati Internazionali Studenteschi, e progettato per sostituire i precedenti impianti sportivi presenti nella piazza.

Classico esempio di architettura razionalista, lo Stadio Comunale di Torino venne edificato durante il Ventennio col nome di Stadio Mussolini. L'Amministrazione comunale divise i lavori tra diverse imprese: lo Stadio fu affidato alla Ditta Saverio Parisi di mentre la vicina Torre Maratona e le biglietterie furono affidate all'impresa Vannacci e Lucherini. I lavori iniziarono negli ultimi giorni del settembre 1932, e l'opera venne inaugurata il 14 maggio 1933. Nel 1934 lo Stadio ha ospitato alcune gare dei Mondiali di calcio e l'11 maggio 1947 la celebre partita della nazionale Italia-Ungheria - Dal sito del Comune di Torino

Qui si conclude il Quinquennio d’Oro, nel 1935, ma siamo proprio agli inizi di una storia pazzesca. Nel dopoguerra, infatti, questo impianto, risparmiato dai bombardamenti, viene mantenuto vivo e operativo, e prende un nome che tutti i tifosi di Torino, bianconeri o granata, imparano nei decenni a conoscere: diventa lo Stadio Comunale.


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Arrivano le prime due Coppe Italia, gli anni Trenta lasciano gradualmente lo spazio ai Quaranta, e quando i Quaranta stanno per diventare Cinquanta, proprio nella stagione che inizia nel 1949, la Juve torna Scudettata. Nella sua formazione titolare gioca un giovane attaccante biondo, fortissimo, che insieme a Sivori e Charles, qualche anno dopo, continuerà a segnare gol e a regalare sogni ai tifosi, contribuendo a cucire sulle maglie bianconere la prima Stella.

Stiamo ovviamente parlando di Giampiero Boniperti. Che ci ha lasciati proprio poche settimane fa, e che è sempre nei nostri cuori.

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Dal 1963, lo Stadio Comunale sarà condiviso con il Torino, e diventerà non solo la casa dei Derby della Mole, ma delle domeniche sportive di tutti i torinesi, indipendentemente dalla loro fede calcistica. Un impianto ribollente di passione, sul quale la Juve vivrà le grandi epopee degli anni ’70 e poi dopo degli anni ’80, e che proprio in quei due decenni saprà accendersi, e regalare emozioni, anche in occasione delle grandi notti europee.

Uno stadio di campioni incredibili, di Coppe sollevate e di Scudetti vinti. Uno stadio che saprà ancora tornare, con un nome ancora modificato, nella storia della Juventus, ma lo racconteremo dopo. Uno luogo in cui, pur di permettere alla Signora di vivere grandi notti internazionali, si lotta anche contro le intemperie meteorologiche.

Alzi la mano chi non ricorda, o chi non ha mai visto in qualche filmato d’epoca, quella Supercoppa Europea del 1985…

E’ uno stadio, il Comunale, che sa ribollire di passione in un modo incredibile. Uno stadio in cui i tifosi applaudono cinque palloni d’oro, di cui quattro consecutivi: Sivori prima, Rossi nel 1982, Platini nei tre anni successivi. Grandi campioni e grandi partite, di campionato e di Coppa, che portano a capienze oggi impensabili, in un impianto del genere.

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LO STADIO DELLE ALPI

Nel 1984, FIFA decide che sarà l’Italia, nel 1990, a ospitare i Mondiali. Ci sono strutture da ammodernare, alcune da rifare. Proprio Torino, per l’appuntamento con la massima competizione del pianeta, si fa trovare pronta con un nuovo stadio, che nasce in un quartiere diverso dal solito, meno centrale, nella zona della Continassa, in cui, in certe giornate, c’è una vista sulle Alpi che toglie il fiato.

Proprio quella vista ne ispira il nome: Stadio Delle Alpi.

L’inaugurazione avviene proprio pochi giorni prima del calcio d’inizio del Mondiale, il 31 maggio 1990.

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E anche al “Delle Alpi”, per la Juve, sono anni di Scudetti, di Coppe internazionali (due volte la UEFA, ma anche e soprattutto il cammino verso la grande vittoria di Roma nel 1996), di campioni incredibili: le Notti Magiche portano in casa Juve il talento di Roberto Baggio, e pochi anni dopo arriva un fuoriclasse, dentro e fuori dal campo, come Gianluca Vialli.

E poi? Mica è finita: qui, in un giorno di inizio dicembre del 1994, i tifosi della Juve di tutto il mondo assistono a una vera e propria epifania: quella di Alessandro Del Piero, che sigla un gol straordinario alla Fiorentina, anni dopo eletto dai tifosi sui canali social della Juve come il più bello di sempre.

Sono gli anni di Lippi, di altri memorabili Palloni d’Oro (Baggio, Zidane, Nedved), di record raggiunti e infranti – Sempre qui, ancora Del Piero, nel gennaio 2006 supera Boniperti come miglior marcatore della storia della Juventus – di sogni, accarezzati e spesso raggiunti.

Sono anche anni in cui maturerà la convinzione che, per la Juve e i suoi tifosi, serva una casa diversa. Un luogo magari più raccolto, ma sempre e comunque ribollente di passione.

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Nel 2006, il 7 maggio, la Juve disputa qui la sua ultima partita di campionato, e parte per un viaggio del tutto inedito.

Ancora non lo sa, il mondo bianconero, ma in quel pazzo 2006, l’ennesimo trasloco della storia non sarà l’unico evento da scrivere sui libri.

Nell’anno in cui Torino ospita le Olimpiadi Invernali, e in cui in estate una Nazionale quanto mai bianconera trionfa nel Mondiale di Germania, la Signora cambia casa, ma questa volta non parliamo solo di un luogo fisico (dal Delle Alpi al Comunale, nel frattempo diventato Olimpico). Parliamo di qualcosa di più profondo: la prima partita che gioca nella struttura di corso Agnelli, è infatti la seconda giornata del campionato Cadetto.

DALL’OLIMPICO ALLA NASCITA DELLO STADIUM

Juve-Vicenza, 16 settembre 2006. Finisce 2-1. I gol? Li segnano Del Piero e Trezeguet, come a tranquillizzare tutti e a dire: «Ragazzi, non è cambiato proprio tutto….»

La permanenza della Juve all’Olimpico non sarà tutta rose e fiori, inutile negarlo: all’entusiasmo per l’immediato ritorno in Serie A e alla voglia dei primi mesi di tornare là, dove la Juve deve stare, seguono anni difficili, anche logicamente, se vogliamo, visto quanto è accaduto in quel 2006. Anni in cui la Juve fatica, lotta. Ma soprattutto, progetta.

Il verbo non è scelto a caso, perché il periodo in cui la Signora gioca all’Olimpico, è anche quello in cui comincia a prendere forma un progetto nato tempo prima, messo apparentemente da parte ma mai abbandonato, e concretizzato la prima volta il 18 giugno 2002, con un accordo con la municipalità torinese che consegna alla società bianconera il diritto di superficie sull'area del Delle Alpi per i successivi 99 anni.

Il 2008 è dunque il primo anno chiave di quella che sarà la nuova, e attuale, casa della Juve. Il 18 marzo il consiglio di amministrazione della Juventus delibera la costruzione di un nuovo stadio al posto del Delle Alpi; l’11 novembre dello stesso anno iniziano i lavori di demolizione, che fanno subito capire come il nuovo impianto della Juventus voglia cambiare le regole del gioco in Italia.

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Quando i lavori terminano, tre anni dopo, i posti a sedere sono oltre 41 mila, il più vicino dei quali a soli sette metri dal terreno di gioco. La Juve sceglie di dare al suo impianto un nome, Stadium, che a Torino non è nuovo: allo Juventus Museum c’è un cimelio che racconta infatti di un luogo chiamato così, inaugurato il 29 aprile 1911, corsi e ricorsi, sempre in piazza D’Armi, ma essenzialmente quasi mai utilizzato per il calcio.

Torniamo allo Stadium, quello nuovo. La sua vocazione è proprio il pallone. Nasce un simbolo dell’architettura torinese, un’icona della nuova Juventus. Che qui inizia, anzi, ricomincia, a vincere. Vincere. Vincere.

Quell’8 settembre 2011 è una data che nessuno potrà mai dimenticare: quella notte si riaccende un orgoglio prepotente, quello della «Gente della Juve».

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Quella notte inizia una storia nuova. In una casa nuova, e magnifica. Una storia in cui la squadra, solo tre giorni dopo, alla “prima” di campionato contro il Parma, fa capire a tutti che la Signora ha deciso di riprendere quella “bellissima abitudine”.

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