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·9 de mayo de 2025

Fedele al Calcio – Cosenza, che disastro. Agonia terminata, ma il “J’accuse” è necessario

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Sette stagioni intense, certamente non noiose, imbevute di problemi e resurrezioni, sentenze e smentite, polemiche e speranza. Il Cosenza visto in questi anni in Serie B è stato tante cose, spesso contradditorie, sicuramente polarizzanti. Gli argomenti non sono mai mancati, tanto alla piazza quanto alla stampa, per commentare. Una molteplicità di fattori e situazioni che, ad ogni modo, non sono mai (senza timore di esagerazioni) contrassegnate da linearità e serenità.

È forse banale, ma sicuramente necessario, sottolineare come gli ultimi chilometri della corsa siano stati agonizzanti. Il Cosenza è stato risucchiato da problemi generatisi nel tempo e mai risolti, anzi. Difficoltà societarie, incertezze operative, decisioni avventate, scelte disastrose. Il sodalizio rossoblu, insomma, era già imploso prima della nefasta – ora aritmetica – retrocessione.


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Un’annata cominciata con l’addio e il mancato rimpiazzo di Gennaro Tutino, trascinatore la cui importanza è stata sottovalutata o (eventualità dannatamente peggiore) consapevolmente ignorata.

Gli assordanti silenzi del Direttore Generale Beppe Ursino, che in uno slancio da inconsapevole veggente si è rivelato profetico sin dalla sua presentazione: “Il contratto annuale? Non sono un ragazzino, nella vita può succedere di tutto”. Ecco, così è stato, eppure le sue dimissioni arrivate a dicembre – dopo tanto tempo senza aver proferito parola – hanno lasciato intendere senza però dispiegare le nuove o solite crepe operative.

La questione penalizzazione è l’ennesimo paragrafo piangente. I quattro punti sottratti per violazioni amministrative (nell’ambito di due diversi procedimenti) e i continui ricorsi hanno rappresentato un insostenibile macigno da gestire, assorbire e con cui convivere per colpe altrui, che i calciatori e l’allenatore mai avrebbero meritato di vedere inficiare il proprio lavoro.

Nella tempesta, dunque, è stato impossibile trovare una rotta. Ci ha fortemente provato Massimiliano Alvini, che pur avendo dato un’identità tattica alla squadra (tecnicamente inadatta per la categoria – dunque arriva il turno anche del Direttore Sportivo Gennaro Delvecchio – ma sicuramente viva, professionale e dedita al lavoro) è stato anch’egli travolto e percosso dagli eventi (oltre ad aver patito un indelicato esonero a febbraio, poi negoziato con altrettanta incapacità da parte del club, perché è altresì vero che Belmonte e Tortelli in appena quattro partite non hanno avuto modo di portare avanti alcuna idea definibile tale). Resta un punto interrogativo su cosa effettivamente sia stato prospettato e promesso al nativo di Fucecchio a inizio stagione, perché è difficilmente ipotizzabile che il tecnico abbia potuto scrutare qualsivoglia declinazione di prospettiva in un contesto poi rivelatosi caratterizzato da simili peculiarità. Un uomo di calcio come lui, preparato, esperto e imbevuto di passione, avrà probabilmente visto le proprie aspettative disattese.

È stato, dunque, un disastro complessivo. Un epilogo inesorabile e spiacevolmente inevitabile, che vede nel presidente Eugenio Guarascio il principale responsabile. Pur avendo avuto il merito di aver contrassegnato la propria era con il ritorno in cadetteria, è un imperativo porre l’accento sull’ampia insufficienza con cui va complessivamente valutata la sua gestione, rivelatasi scriteriata in termini manageriali e caliginosa per dichiarazioni mai chiare, confuse e che tanto dolore hanno provocato nella gente di Cosenza, che avrebbe unicamente desiderato tifare senza irrequietudine.

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