Lazio, Doriano sullo scudetto: «Mi trovavo meglio con la squadre del -9, il clima era più famigliare, c’erano giocatori-amici…» | OneFootball

Lazio, le parole del massaggiatore biancoceleste Doriano sulla stagione dello scudetto del ’00: le sue parole sull’impresa

Il 14 maggio del 2000 è un giorno storico e indimenticabile per i tifosi della Lazio che lo ricordano come il giorno in cui venne alzata al cielo la coppa dei Campioni d’Italia per la seconda volta. A commemorare quei giorni di gloria è stato il massaggiatore Doriano il quale ha raccontato si ai microfoni di Radiosei le sue sensazioni su quell’impresa in Serie A. Le parole:

STAGIONE – «Tra la Lazio del -9 e quella dello scudetto, quella del -9, forse perché ero appena arrivato, c’era grande entusiasmo; il clima era più famigliare, c’erano giocatori-amici. Nel 2000 era cambiato tutto l’ambiente, c’erano ovviamente giocatori fortissimi altrimenti non si sarebbero vinti quei trofei, ma mi trovavo meglio con la Lazio del -9. Con qualche personaggio non ho legato, non parlo della squadra o del presidente che sapete come ci trattava bene».

SCUDETTO – 2000 – «Io ero un po’ scettico, sappiamo com’era la Juventus di quel periodo, qualcuno invece era ottimista. Io avevo un collega, Sergio Viganò, che portò Mancini, che l’ultima giornata salì sul pullman con lo champagne perché se lo sentiva. Eriksson fino alla fine ci ha creduto. Tra i più convinti della vittoria dello scudetto c’era Mancini. Anche Mihajlovic e Simeone. Menomale che mi sono sbagliato io».

MERITO – «Il grande merito è stato di Cragnotti, ma i giocatori che avevamo erano davvero forti, ma abbiamo vinto anche poco. Come minimo dovevamo avere un altro scudetto e fare qualche finale di Champions. Eravamo i più forti d’Europa. Cragnotti ha preso in un giorno Vieri, quando l’ho visto a Formello non ci credevo neanche io. Poi una volta eravamo in Brasile e a Zoff arrivò la telefonata in cui dicevano che avevamo preso Winter, Di Matteo e altre persone così; il presidente faceva delle ‘sorprese’. Eravamo fortissimi. Loro andavano in campo e io dalla panchina avevo la sicurezza da subito che certe partite sarebbero finite 3-4 a 0, da come si mettevano, da come cominciavano».

VITTORIA – «Abbiamo vinto proprio perché tutti ne avevano tanta. Da Veron a Mancini, a Mihajlovic. E anche Simeone, Almeyda. Quando andavano in campo lo vedevi. Sulla personalità non si poteva dire niente, erano uomini. Lo stesso Stankovic, che era in panchina, aveva 19 anni ma quando entrava si vedeva che era forte. E l’anno dopo eravamo ancora più forti perché oltre quelli che c’erano Cragnotti prese Stam, Lopez e Crespo. Abbiamo buttato lo scudetto perché l’Inter ci fece uno ‘sgarbo’».

RIGORE DI SALAS – «Il rigore su Salas. Poi tre giorni dopo vincemmo a Birmingham, con Vieri che ha fatto gol di testa dopo che gliel’avevo fasciata. Dalla panchina si vedeva proprio che non c’era partita, che avrebbero segnato».