Viste da vicino | Nikol Rubinaccio | OneFootball

Viste da vicino | Nikol Rubinaccio | OneFootball

Icon: Hellas Verona FC

Hellas Verona FC

·20 de marzo de 2025

Viste da vicino | Nikol Rubinaccio

Imagen del artículo:Viste da vicino | Nikol Rubinaccio

Verona - Nuovo appuntamento con 'Viste da vicino' il format di interviste gialloblù in cui le protagoniste sono le ragazze della Prima squadra dell'Hellas Verona Women.

Dodicesimo episodio della nostra rubrica dedicato a Nikol Rubinaccio, portiere che fin dall’Under 12 indossa i guantoni gialloblù. Una veronese doc con il logo dell’Hellas cucito sul petto.


OneFootball Videos


Nikol, come hai iniziato a giocare a calcio? “Da piccola prendevo a calci un po’ tutto (ride ndr). In realtà fin da bambina, quando avevo circa tre anni, ho iniziato a fare tanti sport. Ho praticato qualsiasi disciplina, dal tennis al karate, dal nuoto alla danza. Poi a cinque anni, considerato che provavo a palleggiare persino con i braccioli in piscina, ho iniziato a giocare a calcio a tutti gli effetti nel ‘La Valletta’. Il calcio per me è una passione innata, che mi è stata trasmessa da mio papà Alessandro, a cui è stata trasmessa a sua volta da mio nonno. Fin da piccolissima giocavo il pomeriggio al parco di Rivalta, la mia cittadina natale, insieme ai miei amici. Non mi sono mai sentita diversa da loro perché ragazza tra i ragazzi, anzi con me al parco veniva spesso a giocare anche Veronica Pasini, visto che abitava anche lei nel mio stesso paesino”.

Hai iniziato a giocare fin da subito come portiere? “In realtà da piccola mi piaceva molto segnare, ero un’attaccante. Mi piaceva tantissimo. Poi in un torneo il nostro portiere si è infortunato e il mister ha scelto me per sostituirla. Ci ho messo un po’ a metabolizzare in realtà… Non appena potevo, mi toglievo i guantoni e tornavo in attacco. Alla fine però, se oggi mi trovo ad essere un portiere, direi che è andata bene anche così (ride ndr)”.

E poi il Verona… “Esatto, a 11 anni sono stata selezionata dalla AGSM. Dopo essere stata visionata sono stata scelta, ma non ho potuto giocare immediatamente perché proprio in quella partita mi ruppi un dito della mano. Mia mamma Loretta all’inizio era un po’ titubante, devo ammetterlo, perché non sarebbe stato facile accompagnarmi tutti i giorni agli allenamenti fino a Verona. Come si fa però a dire 'no' a una società professionistica? E così ho iniziato e ho fatto poi tutta la trafila, dall’Under 12 fino alla Prima squadra. In questo percorso tutta la mia famiglia mi ha sempre supportata e spronata a dare il meglio, anche le mie sorelle Jessica e Marika, che sono una parte fondamentale per me”.

Lo scorso anno, in prestito al Trento, che esperienza hai vissuto? “È stata un’esperienza molto positiva, soprattutto per la mia crescita personale. Sono una ragazza molto timida, e anche grazie a quell'anno fuori casa sono riuscita a temprare un po’ il mio carattere. Il mio desiderio però era quello di tornare a Verona, di dimostrare il mio attaccamento a questi colori, essendo cresciuta in questa società. Questa maglia la sento sulla pelle e nel cuore. Ogni domenica farei di tutto per questa squadra, lo dico davvero. Sono contenta che anche le ragazze arrivate quest'anno sentano la responsabilità di vestire uno stemma così importante”.

Quant’è difficile essere un portiere? “È difficilissimo, devo ammetterlo. Io, paradossalmente, penso sempre a giocare avanti, provando a non far arretrare la mia difesa".

Cosa hai provato nel difendere la porta contro la Juventus quest'anno in Coppa? “È stata un'emozione fortissima, e devo ammettere che nel primo tempo ero un po’ emozionata. Poi, durante l’intervallo, ho parlato con Alex (Valentini ndr), il nostro Preparatore dei portieri. Mi ha detto solo di divertirmi, giocando facendo quello che so fare e per cui mi alleno ogni giorno. Così nel secondo tempo sono entrata in campo più sciolta, pensando solamente a giocare. Devo ringraziare Alex, perché sa sempre cosa dire e cosa fare, conosce a pieno i nostri momenti e ci capisce anche solo con uno sguardo. Viviamo insieme ogni giorno, in un piccolo gruppetto leggermente separato dal gruppo squadra, ed è normale che si crei quella sintonia”.

Qual è il ricordo più bello che hai finora del calcio? “Sicuramente la convocazione in Nazionale. Ero in sede e ho ricevuto una lettera contenente la convocazione da Nicoletta (Manfrin ndr). Non ho resistito e sono scoppiata a piangere dalla gioia. Insomma, la mia prima convocazione a Tirrenia con l’Under 17. Lì ho conosciuto anche Veronica (Bernardi ndr). Chi lo avrebbe mai detto che un giorno saremmo state compagne di squadra… Ho deciso di tatuarmi la data della convocazione sulla pelle, perché voglio ricordare per sempre quel giorno. Del resto, andare in Nazionale era sempre stato il mio sogno fin da piccola”.

Chi è il tuo idolo nel calcio? “Come stile di gioco mi piace molto De Gea. Mi piacciono le sue caratteristiche, ma anche il suo carattere e la sua personalità”.

Chi è Nikol fuori dal campo? “Sono una cuoca (ride ndr). Mi piace davvero cucinare, dai primi ai secondi, fino ai dolci. Mi reputo abbastanza in gamba nel cucinare i risotti, soprattutto quello alla zucca. Per il resto sono una ragazza tranquilla, mi piace ascoltare musica e svagarmi, ma anche fare passeggiate e scoprire posti nuovi nella natura”.

Che cosa significa il calcio per te? “Il calcio per me è una valvola di sfogo. In campo sento di poter esprimere me stessa. La domenica quando si gioca sono felice di allo stadio, perché so di essere dove devo essere, sono lì e non esiste nient'altro. Vivo per il calcio e spero che possa essere la mia vita per tanto tempo”.

Ver detalles de la publicación