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·1 mars 2025

Dentro la crisi di Milan e Juventus, le grandi deluse del nostro campionato

Image de l'article :Dentro la crisi di Milan e Juventus, le grandi deluse del nostro campionato

Mentre Inter, Napoli e Atalanta duellano al potere, Milan e Juventus fanno la conta dei rimpianti. Il problema è alla radice: gli smottamenti estivi non hanno portato stabilità, ma tanta confusione e incertezze.

Grandi aspettative, spesso, generano grandi delusioni. Soprattutto se le premesse e le promesse non sono supportate da fatti. Che, nel calcio, sono i risultati: inutile girarci attorno, ce lo insegnano sin da piccoli. Ma come aspirare a una meta senza prima stilare un itinerario per raggiungerla? La metafora del percorso aiuta a smascherare obiettivi che non ci sono, senso che si svuota, fine che non ha mezzi. E così, mentre Inter, Napoli e Atalanta sbracciano per la gloria con la consapevolezza di aver fatto le cose giuste nel momento giusto, due nobili decadute del campionato rimuginano su quello che poteva essere e che, fino a questo momento, non è stato il loro cammino. Milan e Juventus: tradite dalle loro stesse mosse. Grandi aspettative, del resto, generano grandi delusioni.


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Società assente e squadra in subbuglio: il Milan non ha ordine

Partiamo dai rossoneri, che scivolando a Bologna perdono ulteriore contatto con il quarto posto (occupato proprio da Madama), ora distante otto lunghezze. Ma il rischio di rimanere fuori dall’Europa c’è e opprime qualsivoglia idea di lungo termine: il Diavolo è ottavo in classifica, attualmente tagliato da tutti i discorsi. Lo scorso anno i punti alla ventiseiesima giornata erano 53, quest’anno 41: dato che dice tanto. Ma è solo la punta di un iceberg pieno di contraddizioni e di criticità strutturali fin troppo evidenti, che hanno progressivamente desertificato l’ambiente, privandolo di certezze e di punti di riferimento. Gennaio ha provato a mettere una pezza sugli errori estivi; il punto è che non basta. Perché il problema più debilitante è al pressoché totale assenza di un’identità, di un sistema di valori, di una visione d’insieme. Chi decide per il Milan? Finché non si troverà una risposta a questo dilemma sarà impossibile pensare di crescere.

Inconsistenza e superficialità

Dal dietro le quinte ci spostiamo al manto verde, riflesso di una società in confusione che prima manda al patibolo Fonseca e poi smonta e rimonta l’organico in un mese (con lacune che per giunta permangono specialmente in mezzo al campo), perseguendo una politica di attesa e di silenzio dinanzi agli episodi di campo. La scelta di affidare la panchina a Conceicao non ha portato l’ordine sperato: il gruppo continua a non rispondere agli stimoli, si esprime a sprazzi ed è fin troppo inconsistente nella prestazione fisica, nelle trame di gioco, nella tenuta difensiva. L’atteggiamento dei singoli, poi, inficia sul di per sé lento progredire del collettivo. E se i tre tenori non incidono (Theo, Leao, Maignan), nessuno sembra disposto a vestire i panni del leader. Manca personalità, e questa non si compra: si costruisce nel tempo. In quanto, però?

Errori e superficialità scandiscono un ritmo decisamente poco gradevole: serve aria, serve musica. Sarri scalpita e non è un segreto: l’impressione è che la sua esperienza e il suo pugno duro possano rappresentare un toccasana per la Milano rossonera. Premettendo che l’allenatore è l’ultimo dei mali, perché senza fame e desiderio non si arriva. Anzi: non si parte nemmeno.

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TURIN, ITALY – FEBRUARY 22: Sergio Conceicao, Head Coach of AC Milan, looks on prior to the Serie A match between Torino and AC Milan at Stadio Olimpico di Torino on February 22, 2025 in Turin, Italy. (Photo by Valerio Pennicino/Getty Images)

Juventus, fiducia nel progetto o nuovo ribaltone all’orizzonte?

Juventus e contentino, lo dice la storia del club, non stanno bene insieme. Una brusca inversione di tendenza si è però registrata negli ultimi anni: i bianconeri, sballottati da continui ribaltoni, hanno progressivamente disperso il tratto distintivo della loro etica. ”Vincere non è importante, ma è l’unica cosa che conta”: questo monito, oggi, sembra quasi ridondante. Semplicemente perché la Signora non ha i mezzi per aspirare al successo. Ha cambiato tanto, ha un patrimonio tecnico in evoluzione, ha affidato a un tecnico giovane il nuovo ciclo. Arrivati a marzo, però, due conti bisogna iniziare a farli. Il mercato estivo, per quanto ambizioso e dispendioso, ha finora prodotto l’effetto contrario. Trovare una quadra in tempi brevi è difficile; dopo otto mesi è doveroso. Vero: gli infortuni non hanno aiutato (sfortuna o preparazione fisica discutibile?). Ma qui si apre un altro capitolo. Voce: ”profondità della rosa”. Tra epurati e giovani messi alla porta, Thiago Motta si è trovato a lavorare con pochi giocatori: impensabile costruire un’unità coerente.

Gioco che latita, atteggiamento scarno, nuovi in ombra

Al contempo, le grandi firme estive hanno fatto e fanno tutt’ora tremendamente fatica ad imporsi. Perché? Perché inserite in un contesto fin troppo incerto, ancora debole. Koopmeiners è l’ombra di sé stesso, Nico Gonzalez è incostante e Douglas Luiz non incide, giusto per citarne tre (i più costosi). Come per il Milan, però, il nocciolo della questione è l’aspetto caratteriale. La squadra è fragile, ha perso tanti punti e fatica a produrre con continuità. Non convince anche quando vince, e quando perde perde male: andare a vedere le partite contro PSV ed Empoli. Manca esperienza per reggere certi palcoscenici: anche un quarto di Coppa Italia apparentemente innocuo diventa così un ostacolo insormontabile. Un paradosso, ma è la realtà nuda e cruda.

Lecito farsi due domande sulla validità del progetto messo in piedi. Anche in questo caso, è l’allenatore che rischia di pagare per tutti. Thiago Motta è finito sul banco degli imputati per il gioco (che latita), per scelte spesso incoerenti e per una lettura elementare delle partite. Le feroci critiche all’atteggiamento dei suoi giocatori meriterebbe un capitolo a parte: è il tecnico che non alza la voce o è il giocatore che non ascolta abbastanza? Dubbi crescenti e poco tempo per risolverli. Il quarto posto diventa prioritario, altrimenti potrebbe aprirsi un nuovo scenario di rivoluzione. Ma come non basterebbe mettere Hamilton alla guida di un pulmino per farlo sfrecciare, non basterebbe mettere un tecnico di caratura sulla panchina di questa giovane e incosciente Juventus per farla volare. Chi vuol capire capisca.

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