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Alessandro De Felice ·7 mai 2025
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Alessandro De Felice ·7 mai 2025
Negli ultimi cinque anni, lâInter ha vissuto unâepoca dâoro, tra notti europee memorabili, uno scudetto storico e una rinascita tecnica e identitaria che senza dubbio avrebbe meritato piĂč attenzione internazionale. Ieri sera il club nerazzurro ha scritto un altro capitolo della sua gloriosa storia battendo il Barcellona in semifinale con una contro-rimonta eroica. 4-3 ai ragazzi terribili di Flick e finale di Champions conquistata.
Eppure, la riconoscenza che spetterebbe ai nerazzurri sul palcoscenico mondiale sembra ancora lontana dal livello che hanno meritato a suon di risultati. La domanda Ú inevitabile: perché questa squadra, capace di imprese straordinarie, continua a essere sottovalutata?
A Montjuic, il 30 marzo scorso nellâandata della semifinale di Champions League, Henrikh Mkhitaryan ha sfiorato un altro capitolo epico nella storia dellâInter.
Se solo avesse avuto un numero di scarpa piĂč piccolo, forse i nerazzurri avrebbero conquistato a Barcellona una vittoria storica. Invece, il gol annullato per il fuorigioco millimetrico e il talento davvero straordinario di Lamine Yamal hanno finito per oscurare una prestazione coraggiosa e sorprendente: quattro reti segnate â di cui una annullata â contro il Barça in casa loro, da una squadra italiana, Ăš un evento che infrange ogni stereotipo.
Ma non Ăš stato un episodio isolato. Negli ultimi cinque anni, lâInter ha disputato due finali europee â Europa League nel 2020 e Champions League nel 2023 â ha espugnato stadi mitici come Anfield, ha segnato in trasferta contro Real Madrid, Bayern Monaco e Barcellona, e ha tenuto testa al Manchester City di Guardiola in una finale tiratissima, sfiorando lâimpresa e lasciando Istanbul con lâamaro in bocca e la consapevolezza di essere una delle squadre piĂč temibili del Vecchio Continente.
Nonostante tutto questo, fuori dallâItalia la considerazione generale sui nerazzurri Ăš ancora lontana da quella dei top club. Lâeliminazione ai rigori contro lâAtletico Madrid negli ottavi del 2024 ha oscurato un cammino europeo altrimenti solido, fatto di dominio tattico, coesione e colpi di genio. Come spesso accade, ciĂČ che viene ricordato Ăš il risultato finale, non il gioco espresso, nĂ© la maturitĂ tattica con cui lâInter aveva fatto sembrare Diego Simeone e i suoi improvvisamente vulnerabili.
Il 20Âș scudetto, conquistato ad aprile 2024 con una cavalcata dominante e suggellato nel derby contro il Milan, ha rappresentato molto piĂč di una semplice vittoria: Ăš stato un manifesto di supremazia cittadina, il primo trionfo in Serie A per Simone Inzaghi, e un evento che ha riacceso lâorgoglio nerazzurro con lâaggiunta della seconda stella sul petto. Un simbolo che in Italia vale quanto una coppa, ma che fuori dai confini Ăš stato accolto con meno enfasi di quanto meritasse.
Inzaghi, troppo spesso considerato solo un âallenatore da coppeâ, ha costruito una squadra dallo stile riconoscibile, capace di mescolare soliditĂ e spettacolo. Il gol segnato a Monaco, una sinfonia di dodici tocchi tra passaggi, movimenti e rifiniture di pura classe, avrebbe fatto il giro del mondo se a segnarlo fosse stato il Barcellona. Invece, quando Ăš lâInter a incantare, il clamore si spegne troppo presto.
Parte della sottovalutazione nasce da fattori extra-campo: la Serie A Ăš ancora prigioniera di unâimmagine post-Calciopoli, soffre il confronto con la Premier League in termini economici e mediatici, e paga lo scotto di non aver portato squadre ai vertici della Champions con continuitĂ negli ultimi dieci anni.
Anche i protagonisti nerazzurri non godono sempre del credito meritato: Lautaro Martinez, tra i piĂč prolifici e decisivi attaccanti dâEuropa, Ăš ancora ricordato da molti piĂč per il rigore sbagliato al Mondiale che per le prodezze settimanali con lâInter.
LâetĂ media alta, il pragmatismo tattico e lâassenza di giovani stelle âviraliâ contribuiscono a rendere meno affascinante il racconto nerazzurro rispetto a quello di club come il nuovo Barcellona di Yamal e CubarsĂ o il City di Pep Guardiola. Ma il calcio non Ăš solo futuro e fantasia: Ăš anche esperienza, organizzazione e forza collettiva. In questo, lâInter rappresenta un modello.
Il paragone con la Juventus di Allegri, capace di arrivare due volte in finale tra il 2015 e il 2017 prima del crollo post-Ronaldo, Ăš inevitabile. Ma lâInter sembra voler evitare quel destino. Inzaghi rimarrĂ , almeno per ora, e la nuova proprietĂ sarĂ chiamata a scegliere: rafforzare il gruppo con intelligenza o cedere alla tentazione di un colpo ad effetto che rompa gli equilibri. Con il primo scenario piĂč plausibile, per quanto mostrato finora dalle scelte di Okatree.
Forse, per ottenere finalmente il rispetto che merita, lâInter dovrĂ fare ciĂČ che finora Ăš solo sfuggito: vincere la Champions League. Oppure, come lâAtletico di Simeone, continuare a essere una presenza fissa tra le migliori otto dâEuropa, stagione dopo stagione.
Nel frattempo, puĂČ bastare un paio di scarpe di una misura piĂč piccola. PerchĂ© in un calcio fatto di dettagli, anche quello puĂČ fare la differenza tra un gol annullato e un nuovo capitolo nella leggenda nerazzurra.
đž Marco Luzzani - 2024 Getty Images