Sampnews24
·2 février 2025
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In una lunga intervista concessa ai taccuini de La Gazzetta dello Sport Luca Pellegrini, storica bandiera della Sampdoria, ha parlato del suo addio ai blucerchiati, raccontando alcuni aneddoti sul suo periodo a Genova, dalla Coppa Italia allo Scudetto. Questi alcuni estratti della sua intervista:
COPPA ITALIA – «Sulle palle inattive marcavo Hateley, il centravanti inglese del Milan: ero esplosivo e saltavo più in alto di tutti. L’allenatore era Bersellini: passava per essere italianista, ma ci faceva giocare a zona. La Coppa Italia è stata la prima pietra di un percorso che ci avrebbe portato alla Coppa delle Coppe nel 1990 e allo Scudetto nel 1991. Eravamo felicissimi e consapevoli della situazione. Il nostro capitano di allora, Scanziani, ha come foto di WhatsApp un’immagine di quel trionfo.»
PROBLEMI – «Ho sempre rispettato tutti, ma non ero iscritto a nessun partito. I problemi esplosero nella stagione dello Scudetto, 1990/91. Non stavo bene, avevo problemi alla schiena che nessuno riusciva a risolvere. A gennaio perdemmo contro Torino e Lecce e il presidente e il direttore Borea ci invitarono ad andare a cena da soli, per dirci le cose in faccia. E così una sera ci ritrovammo in un ristorante di Rapallo, ma qualche giorno prima il gruppo dei senatori si era riunito nella solita pizzeria, senza di me, e lì qualcuno aveva detto che io ne avevo sempre una e che si andava male per colpa mia. Me lo riferì un testimone: “Luca, c’è chi ti pugnala alla schiena.” Così quando ci incontrammo tutti, Vialli spese parole di sostegno per me, ma io gli replicai: “Luca, non tutti la pensano come te”. Lì capii che mi avrebbero fatto fuori.»
MANTOVANI – «Venni tradito anche da Mantovani. Avevo firmato il rinnovo, la società non depositò il contratto in Lega. In questo caso un procuratore come Canovi sarebbe stato decisivo. C’erano stati interessamenti di Inter e Juve, Roma e Lazio. Mi ritrovai al Verona. Lì è cambiata, anzi finita la mia carriera.»
MANCINI – «Io e Mancio da ragazzi eravamo amici. Mi ricordo una sera a Milano, da Genova con la sua Ferrari, noi e le fidanzate. Ero il capitano della Samp, ma la fascia la voleva lui e con la mia partenza la ottene. Forse è stato questo. Io da capitano ero diretto, non prendevo ordini. Quando la società ci chiese di andare in ritiro per la seconda finale di Coppa delle Coppe, nel 1990 contro l’Anderlecht, ascoltai i compagni che dicevano “No, il ritiro no, che palle”. Replicai che ci avrebbe fatto bene, che non potevamo sprecare un’altra occasione, risposi sì a Boskov e ai dirigenti e vincemmo. Vialli, prima di morire, ha detto che io e Dossena eravamo le voci fuori dal coro. Ce ne andammo dopo lo Scudetto, io in estate al Verona e Dossena a novembre al Perugia, in C. Chissà, se fossimo rimasti, a Wembley la finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona sarebbe finita diversamente.»
TIFOSO – «Resto un tifoso doriano e mi fa male vedere la Samp nei bassifondi della Serie B. I giocatori dovrebbero farsi un esame di coscienza per rispetto dei 20mila tifosi che ancora vanno a Marassi per loro. Si chiedano se sono degni di vestirsi una maglia tanto importante.»
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