Palestina, la calciatrice Natali Shaheen: «Mi fa rabbia vedere gli atleti israeliani nelle competizioni internazionali: in corso un genocidio» | OneFootball

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Calcionews24

·24 Mei 2025

Palestina, la calciatrice Natali Shaheen: «Mi fa rabbia vedere gli atleti israeliani nelle competizioni internazionali: in corso un genocidio»

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Palestina, le parole della ex nazionale Natali Shaheen sul conflitto con Israele l’assenza di sanzioni nei confronti degli atleti israeliani

La calciatrice palestinese Natali Shaheen, ex calciatrice della nazionale della Palestina e prima atleta del suo paese a giocare in Italia, è intervenuta in videocollegamento al convegno Lo sport come strumento di pace, in corso a Firenze. Oggi tesserata con la squadra sarda del Real Sun Service, Shaheen ha raccontato la propria esperienza personale e sportiva, esprimendo con forza il disagio per la presenza di atleti israeliani nelle competizioni internazionali e per l’assenza, a suo dire, di un’adeguata attenzione verso le vittime palestinesi del conflitto. Di seguito le sue parole, riportate dall’ANSA:

INTERVENTO DI NATALI SHAHEEN – «Quando vedo che gli atleti israeliani partecipano alle manifestazioni sportive io provo rabbia e ingiustizia. In Israele non c’è solo una guerra ma un genocidio in corso e nessuno riesce a fermarlo: tuttavia loro possono partecipare agli eventi senza nessuna difficoltà, come se fosse un paese normale. Inoltre a volte nelle partite vedo che viene osservato un minuto di silenzio per le vittime israeliane ma a Gaza ci sono 50.000 morti. Si vede che noi palestinesi non contiamo niente».


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SUL FUTURO – «Spero che un giorno le guerre finiscano, che si possa vivere in pace, senza divisioni».

SUL GIOCARE A CALCIO IN PALESTINA – «Spostarsi tra città e città è difficile, a causa dei posti di blocco che sono stati messi da Israele. Io sono nata a Gerico ma giocavo a Ramallah: nel tragitto tra casa e il campo sportivo ci sono due check point, che gli israeliani chiudono quando vogliono. Per questo per arrivare agli allenamenti partivo da casa mia quattro ore prima: nonostante questo, tante volte non sono riuscita ad arrivare in tempo agli allenamenti, mentre altre volte ho dovuto dormire a casa dei miei compagni perché la strada nel frattempo era stata chiusa».

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