Calcionews24
·20 novembre 2024
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Roberto D’Aversa, allenatore dell’Empoli, si è voluto raccontare a Cronache di Spogliatoio tra la testata a Henry, l’avventura azzurra e l’ex tecnico dell’Inter Antonio Conte.
TESTATA A HENRY- ««Potevo fare meglio. È una frase che ripeto spesso, visto anche l’epilogo della mia esperienza a Lecce. Ho pagato tutte le conseguenze che potessero arrivare. Mi sono vergognato quando sono rientrato a casa e mia moglie mi ha detto: «Ma cosa hai combinato?». L’esonero, le 4 giornate di squalifica. Quella testata a Henry mi ha perseguitato: ho commesso un grave errore, mi sono subito scusato, e ho immediatamente chiamato il ragazzo dopo la partita. Ho dovuto spiegare tutto ai miei figli. Ho dovuto parlare con mio figlio Simone, che ha 16 anni e a cui dico sempre di non litigare in campo. Ho dovuto farlo con Francesco, che invece ne ha 14, che ama la pesca e il tennis. E guardare in faccia la più piccola, che ne ha 9, la più pura, dovendo raccontare il mio gesto e la mia giustificazione. Far capire che avevo sbagliato risultando credibile. Mi dispiace aver messo in difficoltà Corvino e Trinchera, dirigenti del Lecce. Non ho potuto portare a termine un lavoro strepitoso. Ho grande rammarico per questo. Ho ricevuto un attacco mediatico, ma il mondo del calcio non mi ha abbandonato. Non tutti si sono voltati dall’altra parte. Tantissimi dirigenti che non avevo mai incontrato in vita mia mi hanno chiamato o scritto per esprimermi vicinanza. E anche alcuni allenatori lo hanno fatto. Ho i loro nomi salvati nelle note del telefono. Hanno compiuto un gesto che mi ha colpito. So bene chi sono quei nomi. La mia famiglia vive ancora a Lecce, dove abbiamo dato continuità al percorso di vita dei nostri figli, e la gente ci ha sempre espresso amore e vicinanza. I tifosi sono stati solidali, hanno capito quel gesto. Se ho avuto il timore di aver perso il treno della Serie A per colpa di quel gesto? Il telefono squillava comunque. Certo, arrivavano chiamate dalla Serie B e io tergiversavo. Non volevo perdere la Serie A. Il Cesena si era fatta avanti concretamente, abbiamo parlato. Ogni società di A che mi chiamava, magari aveva altre scelte. Ed è chiaro che dopo ciò che era successo, D’Aversa non fosse più al primo posto. Neanche al secondo. Non volevo andare all’estero, mi sembrava di scappare da ciò che era successo. Non volevo dare quell’immagine. Non avevo certezze. Infatti devo ringraziare per il coraggio sia il presidente Corsi, sia il direttore Gemmi. Qui c’è una circostanza che mi piace, vogliamo rimanere in Serie A».
EMPOLI – «Li ringrazio per non aver guardato l’etichetta. Sono il primo a cui non piacciono i pregiudizi. Vi faccio un esempio: Pietro Pellegri. Da sempre gli hanno attaccato delle etichette. Io me ne sono fregato: vedo solo che arriva prima al campo e va via oltre l’orario di allenamento. Si è messo a disposizione. Tutto il resto non conta. Solo i fatti hanno importanza. A Empoli ho trovato una società che sa osare. Siamo soddisfatti del percorso che abbiamo fatto fin qui. Abbiamo lavorato duro, siamo andati ben oltre le aspettative. Il pensiero della famiglia Corsi è chiaro: sono tanti anni che investono le proprie risorse sul settore giovanile, quest’anno sono stati bravi a individuare anche calciatori da valorizzare che arrivano da fuori. Il risultato è soltanto la conseguenza di come ci stiamo allenando. Non abbassiamo mai il livello di attenzione e di umiltà. Ognuno in rosa ha il proprio obiettivo, chiaramente, ma tutti sono applicati per il bene comune, per un obiettivo comune. È un gruppo in cui i giovani sono importanti così come i più anziani, che stanno svolgendo un ruolo fondamentale sia in campo che fuori».
CONTE – «La mentalità vincente me l’ha trasmesso anche Antonio Conte, quando mi ha allenato al Siena. Era il vice, ma la sua mentalità era impressionante nonostante le nostre premesse non fossero da alta classifica. Anche dopo un pareggio, mentre noi eravamo contenti, lui chiedeva di più e non era felice: vedeva il nostro reale valore, sapeva come aumentarlo. Era bravo e determinato nel vedere il potenziale dei giocatori. Siamo diventati amici, anche troppo. Lui è il padrino di mia figlia, e viceversa. Non abbiamo un bel carattere, ma ci mettiamo buon umore. Siamo diventati molto legati grazie alle nostre mogli. Il nostro rapporto è disinteressato. Quando andiamo in vacanza, io prenoto per la mia famiglia e sua moglie per la sua. Ci diciamo sempre che se ci fossimo spostati incrociando le coppie, loro non avrebbero fatto una vacanza in vita loro perché non sarebbero mai riusciti a organizzarla».