Calcionews24
·31 luglio 2024
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Poco meno di 100 anni fa moriva a Davos Edoardo Bosio. Un fatto che buca di tre anni il secolo e che immagino faccia alzare le spalle a molti. É questo è un peccato, perché con lui parliamo di tante cose: un “reinassance man“, il primo calciatore italiano della storia e qualcuno che, ci metto la mano sul fuoco come quell’altro tizio, vi sarebbe piaciuto avere come amico.
Nato a Torino nel novembre del 1864 da padre svizzero e madre italiana, il nostro vive nasce in un momento molto particolare. Torino non è più da pochi mesi capitale d’Italia, trasferita a Firenze, ma nonostante i moti e la repressione violenta ha ancora la carica di una città proiettata al futuro ed eccitante di novità. In famiglia poi il padre elvetico gli lascia un motto famigliare che, prova numero uno, in qualche modo inquadra il tipo umano: «Bona cervisia laetificat cor hominum», in italiano «La buona birra allieta il cuore degli uomini». Questo è il suo primo lascito: il birrificio Bosio & Caratsch, fondato nel 1845 dal padre Giacomo – il primo in Italia – che chiuderà solo nel 1937, assimilato alla Dreher e poi all’Heineken. Una fine forse giusta, che la sua birra sia confluita in quello che oggi è main sponsor della Champions League.
Il concetto di sport moderno, calcio compreso, nasce senza ombra di dubbio in Inghilterra nella prima metà dell’800, quando l’upper class adottò il motto latino (come la famiglia Bosio) di «Mens sana in corpore sano». Nasce il College Football e tante altre attività fisiche come l’alpinismo (portato in Italia da un altro piemontese come Quintino Sella) e il canottaggio. Sulle sponde del Po a Torino iniziano a nascere i primi circoli, uno in particolare è l’Armida, nato all’interno del Parco Valentino nel 1869. Questi sono anni decisivi per Torino, che ospita l’Expo e che si rifà il volto diventando una città Liberty. E il nostro Edoardo? C’è qualcosa nell’elettricità che pervade la città che lo attraversa. Dell’Armida fu socio prima e presidente poi e campione d’Italia nel mezzo nel 1889. E il calcio? Anzi, e il football? A breve farà la sua comparsa.
Come spiegato nell’enciclopedia edita dall’Utet nel 1998, L’Inghilterra è la madre del calcio, ma in Italia Torino ne è la culla. Siamo tutti d’accordo nel dire che il Genoa è il club più antico d’Italia, ma, ma, ma… andiamo a fare le pulci al grifone! Vero, nasce nel 1893, ma il calcio? Con l’apertura del Canale di Suez il porto di Genova vive una rinascita e gli inglesi in città si moltiplicano. Un gruppo di loro: Charles De Grave Sells, S. Green, George Blake, W. Rilley, George Fawcus, H.M. Sandys, H. De Thierry, Johnathan Summerhill sr. e Johnathan Summerhill jr. e Charles Alfred Payton decido di fondare il Genoa Cricket and Athletic Club. L’obiettivo iniziale non è il calcio (o football come lo si chiamava ancora allora) e lo diventerà solo nel 1896, solo un anno prima della Juve, con l’arrivo di James Spensley, vero e proprio fondatore del Genoa moderno, che cambiò il nome del club a Cricket and Football Club. A Genova il calcio fa i primi vagiti, ma solo nel 1897 il Genoa si aprirà agli italiani. Intano a Torino, lentamente, muoveva i suoi primi passi, e questo grazie al nostro Edoardo Bosio.
Nel 1887 lavora per una ditta di tessile Nottingham, ala Thomas & Adams come rappresentante di commercio. Questo lavoro gli permette di viaggiare molto in Inghilterra e in quell’anno porta in Italia il primo pallone da calcio. Convince gli altri dipendenti della filiale torinese a creare il Torino Football & Cricket Club, un circolo sportivo che fa calcio d’inverno e canottaggio d’estate, colori sociali il rossonero. Una rotta simile a quella che un suo futuro compagno di squadra, John Savage, fece compiere ad un ordine di maglie. Dovevano essere rosso Garibaldi, furono bianconere, ma questa è un’altra storia.Intanto si fa il 1889 e Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, Duca degli Abruzzi, torna dagli USA con un secondo pallone e convince altri rampolli della nobiltà sabauta a fondare la Nobile Torino.I due club si fondono nell’Internazionale Torino qualche anno dopo e Edoardo sarà in campo nella prima partita della storia del calcio italiano (giocata davanti ad un pubblico pagante, incasso di 64 lire) il 6 gennaio 1898 tra l’Internazionale Torino e il Genoa. Un doppio confronto che vede vincere i torinesi a Genova e il Grifone a Torino. A maggio dello stesso anno si gioca a Torino il primo campionato italiano tutto in una giornata: è di Bosio il primo gol della storia del campionato, segna anche nella finale vinta però dal Genoa. Per i due anni successivi andò in finale, con la sua Internazionale Torino e poi con la Torinese, bisnonna dei granata attuali, ma senza riuscire a vincere il titolo. Nel 1899 infine viene scelto nella prima rappresentativa italiana che al Velodromo Umberto I giocò contro la Svizzera, persa 2-0 (certe cose a quanto pare non cambiano mai).
Mercante, birraio, canottiere, calciatore e poi? Nel calcio di oggi solo due persone hanno avuto successo nel calcio e nel cinema: il presidente del Napoli e produttore Aurelio De Laurentiis e la star canadese e presidente del Wrexham Ryan Reynolds; beh, prima di loro ci riuscì Edoardo Bosio. Il cinema arriva in Italia a Torino: il 7 novembre 1896 i fratelli Lumiere proiettano per la prima volta in Via Po i loro cortometraggi. Nel 1914, negli studi lungo la Dora a Torino viene prodotto il primo grande kolossal italiano: Cabiria di Pastrone (i cui set possono essere visto al Museo del cinema di Torino) con la sceneggiatura di D’Annunzio. Nello stesso anno Edoardo – in una coproduzione tra la napoletana Vesuvio Film e l’Ambrosio Film del capoluogo torinese (e se ai lettori sabaudi fischiano le orecchie non è un caso) – produce come regista e direttore della fotografia ‘La vita negli abissi del mare‘, il primo docufilm italiano.
Birre, canottaggio, calcio, film: non saranno i 100 anni dalla sua morte, ma la storia di Edoardo Bosio vale la pena di essere raccontata.
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