Il Lipsia tra talenti e bilanci in utile: i conti del club e il modello Red Bull | OneFootball

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·2 ottobre 2024

Il Lipsia tra talenti e bilanci in utile: i conti del club e il modello Red Bull

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Sarà una sfida quasi in stile Formula 1 quella che stasera metterà di fronte il Lipsia e la Juventus. Da un lato infatti c’è Red Bull, proprietaria non solo del club tedesco ma anche della scuderia che sta dominando gli ultimi anni in pista con Max Verstappen; dall’altro invece c’è Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann che oltre a guidare il club bianconero è anche azionista di maggioranza della Ferrari  La sfida di Champions League permette anche di riaccendere la luce sul «modello Red Bull», uno dei più rilevanti esperimenti marketing sportivo a livello internazionale nel mondo calcistico (puntando anche sul Torino, con la partnership annunciata nei giorni scorsi). Un sistema di squadre in provetta, che si è attirato tante critiche nel corso degli anni, da addetti ai lavori ma soprattutto dai tifosi.

Lo sbarco di Red Bull nel mondo del calcio è datato 2005, ma solo negli ultimi anni, con il Lipsia che ha centrato la sua prima semifinale europea della storia nel 2020 in Champions League entrando poi stabilmente tra le migliori 16 d’Europa, si è avvicinata al suo obiettivo: essere al top pure nel pallone. Il 2005, dicevamo, è l’anno in cui l’azienda dell’azienda delle lattine entra, tra le polemiche, nel calcio, anche se il marketing sportivo è stato da sempre una delle principali attenzioni della società austriaca (concentrata però più che altro sugli sport estremi).


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Un’entrata a piedi uniti, seppur in un mercato “secondario” a livello europeo come il campionato austriaco: l’azienda fondata dal thailandese Chaleo Yoovidhya e da Dietrich Mateschitz (scomparso nel 2022 con la società ora guidata dal figlio Mark) compra l’Austria Salzburg, cambia tutto quello che si può cambiare (cancellando anche la storia). Operazione di marketing, un totale rebranding per una novità che coincide anche con la Formula 1, dove Red Bull entra sempre nello stesso anno acquistando quello che rimaneva della scuderia Jaguar.

Modello Red Bull, la svolta nel 2005

Se il 2005 segna quindi il doppio ingresso tra Formula 1 e calcio (al Salisburgo poi seguiranno le esperienze in Brasile, Ghana e Usa), il 2009 potrebbe essere ricordato come l’anno della svolta:

  1. da un lato infatti Sebastian Vettel termina secondo nella classifica mondiale in F1, facendo intendere che la rivoluzione è già iniziata (vincerà i successivi quattro titoli);
  2. dall’altro Red Bull arriva anche in Germania, con un’altra entrata a gamba tesa. Su consiglio, pare, di Franz Beckenbauer, infatti Mateschitz e il management guardano a Lipsia, dopo alcuni tentativi falliti tra St. Pauli, Monaco 1860 e Fortuna Dusseldorf.

Nella città dell’ex Germania dell’Est, scelta non casuale, Red Bull cerca una società da cui acquisire il titolo sportivo, per non dover partire dal gradino più basso tra i dilettanti: la scelta ricade, non senza polemiche, sul Markranstädt, paese a 13 km da Lipsia.

Il 13 luglio 2009, approvato il passaggio del titolo, il RB Lipsia (che sta per RasenBallsport, ovverosia letteralmente “gioco della palla sul prato”, e non per Red Bull visto il divieto di inserire brand all’interno del nome) gioca la sua prima partita, un’amichevole contro il Bannewitz vinta per 5-0 allo stadio di casa del Markranstädt. Da lì inizia la scalata che porta fino alla stagione attuale, passando per quattro promozioni dalla Oberliga (quinta serie) fino in Bundesliga in sette stagioni, lo spostamento alla Red Bull Arena da 44mila posti dal 2010 e l’approdo nelle coppe europpe, dove gioca da sette anni di fila tra Champions ed Europa League.

Una crescita a ritmi inauditi: nessun club era mai riuscito a centrare una semifinale di Champions League nei primi 11 anni dalla fondazione (precedente primato della Stella Rossa in 12 anni, fondata nel 1945 e semifinale dell’allora Coppa Campioni nel 1957). Merito anche delle scelte in termini di management da parte di Red Bull. Nel luglio 2012 Ralf Rangnick diventa direttore sportivo di Red Bull Salisburgo e RB Lipsia, chiamato a replicare per il club tedesco quanto aveva fatto con l’Hoffenheim. Nella stagione 2015/2016 lascia inoltre il club austriaco per concentrarsi solo sul Lipsia, tornando in panchina per guidare la squadra al secondo posto in Zweite Bundesliga e così ottenendo la promozione.

Quanto ha speso Red Bull Lipsia, il peso di Rangnick

Dopo due stagioni in cui ha ricoperto l’incarico da direttore sportivo, con Hasenhüttl in panchina, Rangnick è tornato ad allenare l’ultima volta nel 2018/2019, stagione nella quale ha portato il Lipsia al terzo posto, conquistando la qualificazione in Champions League. In seguito ha poi deciso di proseguire soltanto l’attività manageriale, lasciando la panchina. Fino alla stagione 2019/20, è stato l’Head of Sport and Development Soccer della Red Bull, coordinando la sezione calcio del colosso austriaco occupandosi di RB Lipsia, New York Red Bulls e Red Bull Brasil, che insieme a Salisburgo, Red Bull Ghana e Fussballclub Liefering compongono il portafoglio di club calcistici della multinazionale austriaca.

Un sistema fortemente collegato, in cui le varie società vengono usate sia come sorta di test che come trampolino di lancio per i giocatori. È il caso, ad esempio, di Naby Keita, che il Salisburgo acquista dai francesi dell’Istres, passando dopo due stagioni al Lipsia e da lì spiccando il volo verso il Liverpool o di Benjamin Sesko, anche lui passato dal Salisburgo prima di arrivare oggi al Lipsia. Ancora più particolare è il caso di Dayot Upamecano, ora al Bayern Monaco: il Salisburgo lo compra a 17 anni dal Valenciennes, cedendolo al Liefering (di fatto la seconda squadra del Lipsia), poi facendolo giocare un anno in Austria prima del passaggio alla casa madre, percorso simile a quello di alcuni suoi ex compagni come Haidara, Hwang Hee-chan e Laimer mentre Tyler Adams arriva direttamente dai New York Red Bulls.

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Poi ci sono i talenti acquistati direttamente per il Lipsia: nel 2016 da neopromossa in Bundesliga la squadra tedesca spende 10 milioni per Timo Werner (rivenduto poi a 60 milioni al Chelsea), mentre nelle ultime stagioni sono passati dal Lipsia anche talenti come Konate (venduto al Liverpool per oltre 40 milioni), Olmo (ceduto per 55 milioni al Barcellona la scorsa estate), Szoboszlai (ceduto al Liverpool per 70 milioni), Gvardiol (passato al Manchester City per 90 milioni) e Nkunku (venduto al Chelsea per 60 milioni).

Tra gli altri, sono passati da Lipsia anche Joshua Kimmich (acquistato dallo Stoccarda a 18 anni e poi rivenduto al Bayern Monaco), Ante Rebic (in prestito nel 2014/15). Senza dimenticare l’affare sfiorato per Erling Haaland, acquistato dal Salisburgo e ceduto nel gennaio 2020 al Borussia Dortmund (che poi lo ha ceduto al Manchester City) appena prima del possibile approdo a Lipsia. E nella galassia Red Bull, lato austriaco, hanno giocato tra gli altri anche un certo Sadio Mane che per anni ha fatto le fortune del Liverpool, mentre in Austria si è visto anche Valentino Lazaro (ex Inter e oggi al Torino).

Lasciata la panchina nel 2018/19, dicevamo, Rangnick sceglie come suo erede Julian Nagelsmann, che prima porta le “lattine” in semifinale di Champions League nel 2019/20 e poi saluta dopo il secondo posto in Bundesliga nel 2020/21. Nel 2021/22, invece, arriva il primo storico trofeo dell’era Red Bull, con la vittoria nella Coppa di Germania dalla squadra allenata da Domenico Tedesco, trofeo conquistato anche nel 2022/23 quando in panchina subentra Marco Rose, capace poi di vincere la Supercoppa di Germania nel 2023.

Quanto ha speso Red Bull Lipsia, il bilancio

Una crescita evidente anche a livello economico, spinta anche dall’aiuto di Red Bull, seppur materialmente la percentuale di impatto dell’azienda delle lattine non sia nota fino in fondo.

Il Lipsia rende noto il suo bilancio a partire dal 2014, con la promozione in 2. Bundesliga. In questi anni, il club tedesco ha visto una crescita dei ricavi pari al 1.172%, passando dai 31 milioni del 2014 ai 395 milioni del 2023, spinta anche dalle plusvalenze. Fatturato che dovrebbe superare i 400 milioni nel 2023/24, considerando le cessioni dei vari Gvardiol, Szoboszlai e Nkunku.

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Allo stesso modo, si sono impennati i costi, con stipendi e ammortamenti cresciuti anche a velocità maggiore rispetto al fatturato. Il costo del personale e dei giocatori in rosa nella stagione 2022/23 è stato infatti pari a 280 milioni di euro, rispetto ai 15,5 milioni del 2014: per fare un confronto con alcune realtà italiane, l’Inter nella stessa stagione tra stipendi e ammortamenti ha registrato costi pari a 320 milioni, il Milan intorno ai 245 milioni e il Napoli intorno ai 195 milioni. Conti che comunque restano sempre in positivo per il Lipsia, con 21 milioni di utili complessivi dal 2014.

Al netto dell’impatto a conto economico (che nei bilanci non viene specificato), Red Bull ha garantito risorse al club soprattutto attraveso prestiti: non a caso, infatti, il valore dei debiti verso azionisti per finanziamenti è cresciuto dai 20 milioni del 2014 fino ad un massimo di 134 milioni nel 2017 passando a quota 115,8 milioni nel 2022/23, con 100 milioni convertiti in capitale nel 2019. E non solo, perché il peso di Red Bull viene specificato nel bilancio dallo stesso Lipsia: «Gli investimenti nel patrimonio dei giocatori sono finanziati da prestiti della Red Bull GmbH». Che, in parte, negli ultimi anni sta ricevendo qualcosa indietro: dal 2018/19 al 2022/23, infatti, Red Bull ha incassato circa 5 milioni di dividendi dagli utili del club.

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Modello Red Bull Lipsia, le critiche

Non sono tutte rose e fiori. Tra Austria e Germania, l’approdo di Red Bull nel calcio ha fatto enormemente discutere, dal rebranding che ha di fatto cancellato la storia dell’Austria Salisburgo fino all’aggiramento della norma sul 50%+1 (regola che vieta che la maggioranza di un club sia in mano ad una azienda, con il 50%+1 che deve rimanere in mano ai tifosi).

Un «club di plastica», senza storia né alcun radicamento sul territorio, è una delle maggiori critiche che hanno accompagnato il Lipsia in queste stagioni. Tanto che c’è anche chi, come il mensile sportivo tedesco 11 Freunde, non aveva dato notizia del club in semifinale di Champions League nel 2019/20, spiegando che «il loro successo ricorda i bambini che imbrogliano ai videogame sul computer. Non c’è nulla di romantico riguardo al modo in cui la squadra del Lipsia è stata messa insieme». Sentimento condiviso anche da molti altri appassionati in Germania, tanto che a lungo il Lipsia è stato accolto nel peggiore dei modi nelle gare in trasferta, con l’appellativo non casuale di «squadra più odiata della Germania».

Senza dimenticare, inoltre, il tema del Fair Play Finanziario, considerando il legame di Red Bull sia con il Salisburgo sia con il Lipsia, con il rischio che i due club si possano incontrare nelle coppe. Secondo l’UEFA, tuttavia, dal 2017 l’influenza di Red Bull sul Salisburgo si è notevolmente ridotta: erano state rimosse alcune persone legate alla Red Bull (e che erano anche contemporaneamente coinvolte con il Lipsia) nel CdA, così come il presidente del CdA, legato a Red Bull, si era dimesso.

Inoltre, era stato modificato l’accordo di sponsorizzazione tra Salisburgo e Red Bull (con spazi e cifre ridotte), così come è stato concluso l’accordo di collaborazione tra i due club e i diversi prestiti erano stati conclusi. In sostanza, secondo la Camera Investigativa dell’Organo UEFA di Controllo Finanziario dei Club, la relazione tra Red Bull e il Salisburgo, in seguito alle modifiche, è diventata una relazione di sponsorizzazione standard.

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