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Diego D'Avanzo·1 giugno 2025
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Diego D'Avanzo·1 giugno 2025
Lo Scudetto perso contro il Napoli, l'eliminazione dalla Coppa Italia contro il Milan, la Supercoppa persa ancora con i rossoneri e, infine, la sconfitta pesantissima in finale di Champions League.
L'Inter a tratti ha incantato, ha convinto soprattuto in Champions League in cui era stata la squadra più in forma: maggior numero di minuti in vantaggio e minor numero di minuti in svantaggio. Ma nulla di tutto ciò è bastato.
Le domande quindi sono lecite: l'annata è fallimentare? E da dove ripartirà questa Inter?
L'Inter ha avuto il coraggio di voler andare fino in fondo a tutte le competizioni nonostante avesse possibilità limitate di fare turnover: le rotazioni in attacco non sono state sufficienti, l'assenza di Dumfries è stata pesante e il suo rientro è stato decisivo per raggiungere la finale.
L'annata dell'Inter è stata un crescendo di consapevolezza in tutto: sia dei suoi lati positivi sia di quelli negativi. Fare grandi prestazioni in Champions e poi perdere punti in campionato, tirare fuori prestazioni eccellenti come contro il Bayern per poi cadere in situazioni scomode.
I limiti dell'Inter sono stati sia strutturali sia mentali: troppo poche risorse per raggiungere gli obiettivi prefissati - "Triplete" - e un'ambizione probabilmente esagerata ma dettata dalla consapevolezza dei propri mezzi.
A mancare è stata la continuità, perché l'Inter è stata "ingiocabile" quando nessuno se l'aspettava ed è stata troppo "normale" in troppe occasioni: le partite perse o pareggiate col Milan ne sono l'esempio lampante.
In definitiva, sì: la stagione dell'Inter è stata un fallimento. Ma solo il fatto che questa domanda fosse ancora valida fino a ieri sera, probabilmente ci dice che ne è valsa la pena fallire in questo modo.
Il punto fondamentale da cui ripartire sarebbe Simone Inzaghi: il livello raggiunto dall'Inter è merito suo, capace di lavorare con un gruppo esperto e che si è perfezionato col tempo. Ma la scelta spetterà solo a Inzaghi che ha una ricchissima offerta saudita da valutare.
Il diktat societario poi sta cambiando: giocatori più giovani e asset da valorizzare. Ciò può avvenire soltanto in un sistema giò collaudato e quello di Inzaghi lo è, basti guardare alla crescita avuta da giocatori come Bastoni, Bisseck e Thuram.
Ma ci sono anche gli uomini da mantenere, quelli che sanno cosa significa essere all'Inter: Barella, Lautaro, Bastoni e per certi versi Dimarco. Il resto attorno a loro può cambiare, e in certi casi deve cambiare, soprattutto i giocatori più "anziani" che hanno dato garanzie ma non possono fare promesse per il futuro.
E se Inzaghi decidesse di cambiare aria servirà un allenatore di progetto: un uomo che migliora i giocatori ma non richiede spese folli, un profilo da mantenere per diversi anni e allo stesso tempo non faccia mancare il risultato minimo, ossia il 4° posto.
Un identikit difficile da trovare ma a cercarlo c'è Marotta: l'altro uomo da cui ripartire e che, negli ultimi anni, non ha mai deluso nelle squadre in cui ha operato. Il toto-nomi per la panchina ora è prematuro, perché per fasciarsi la testa bisogna prima "rompersela" e all'Inter non si è spezzato proprio nulla, almeno per ora.
📸 Carl Recine - 2025 Getty Images