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·13 marzo 2025

Stadi, allarme verso EURO 2032: il governo prepara un fondo da 300 milioni

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Entro fine 2026 l’Italia, così come la Turchia, dovrà comunicare alla UEFA la lista dei suoi cinque stadi che ospiteranno le sfide degli Europei 2032. Come riporta l’edizione odierna de Il Fatto Quotidiano, la questione infrastrutturale sportiva è sempre un tema abbastanza scomodo per qualunque amministrazione, che sia di livello nazionale o territoriale, visto che è da anni che vari progetti sono rimasti al loro stato embrionale e impigliati nelle maglie della burocrazia.

Ma ora c’è una data di scadenza inderogabile per non vedersi clamorosamente sottrarre dalla UEFA la co-organizzazione della competizione continentale. Proprio per questo, il governo sta provando a mettere in campo diverse misure per sburocratizzare la questione stadi e dotare il territorio italiano di impianti all’avanguardia vista la situazione attuale confrontata con le altre nazioni europee, e non solo quelle al livello top del calcio internazionale.


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A riguardo, il ministro per lo Sport Andrea Abodi ha annunciato in Senato, a margine della risoluzione sulla riforma del calcio italiano: «Il primo provvedimento sarà sugli stadi». In attesa di maggiori dettagli, e misure esecutive, il progetto di riforma dovrebbe prevedere  una struttura che prevede poteri di semplificazione, con un commissario di nomina governativa e i sindaci dei comuni come subcommissari. L’obiettivo è tradurre il tutto in legge entro aprile, compresa l’individuazione della persona che dovrà assumere l’incarico di commissario.

Sarà una cabina di regia Enti locali-Sport-Infrastrutture, si occuperà del rinnovo delle concessioni, strumento individuato dal governo con cui privatizzare gli stadi che oggi in Italia sono quasi tutti di proprietà comunale. Ma non solo. Per dare un aiuto anche a realtà minori che non possiedono risorse economiche importanti, ecco che l’ultima novità è quella di voler introdurre un fondo di equity garantito dallo Stato.

Finanziamenti pubblici per stadi privati. Si tratta di una cifra che a pieno regime raggiungerà 300 milioni di euro. Prestiti a lunga restituzione e tasso molto agevolato, a cui i club potrebbero accedere per coprire una quota dei lavori, inversamente proporzionale al valore totale. Un contributo per chiudere il progetto, prezioso soprattutto per i piccoli impianti, a cui pensa il governo, per cui si potrà arrivare fino al 15% (si scende al 5% invece per le grandi opere come stadio della Roma e San Siro). E poi il coinvolgimento diretto dello Stato agevolerebbe l’iter.

Inoltre, da quanto filtra, il commissario non sarà gestore del fondo, affidato magari a Cassa Depositi e Prestiti o Credito Sportivo, con una dotazione iniziale di 150 milioni, 300 a regime. Ora, però, bisogna affrettare i termini di questo disegno, e qui la sfida si fa più complicata.

Infatti, per ottobre 2026 la UEFA si aspetta un prospetto dei cinque stadi prescelti con relativi, se necessari, interventi di ammodernamento che rispettino i vincoli imposti dall’organo del calcio europeo, piani di finanziamento approvati, così come lo dovrà essere il piano dei lavori che dovranno essere cantierabili, se non già avviati, entro sei mesi.

E qui entra in gioco il presidente della FIGC, appena riconfermato, Gabriele Gravina. Il numero uno della Federcalcio non vuole essere superato per quanto riguarda gli stadi, visto che poi sarà la Federcalcio a presentare la propria lista di stadi alla UEFA. E in queste settimane, insieme ai suoi collaboratori, Gravina sta iniziando a fare le prime valutazioni sugli impianti candidabili.

Si parte dall’Olimpico di Roma, che nelle intenzioni di Roma e Lazio sarà presto abbandonato per nuovi impianti sempre nella Capitale. Nonostante i suoi limiti strutturali, l’impianto capitolino garantisce una storia di grandi competizioni ospitate, come EURO 2020, e quindi necessità di interventi non troppo complessi e facilmente e velocemente realizzabili.

Considerando poi l’Allianz Stadium di Torino come il più all’avanguardia in Italia, anche se è troppo piccolo per ospitare le finali europee, ecco che arriva la questione San Siro. A Milano, entro il 2032, uno stadio sarà in piedi, da vedere se sarà quello più antico, che Inter e Milan hanno intenzione prima di rilevare dal Comune e poi abbattere, o quello moderno che dovrebbe sorgere entro il 2030.

Poi c’è Firenze, dove sono partiti i lavori dell’Artemio Franchi sotto la supervisione pubblica, dopo mesi di polemiche fra politica e la Fiorentina di Rocco Commisso. Per completare il piano di lavoro, mancano all’appello 100 milioni, ma c’è ottimismo che questi fondi alla fine saranno garantiti, forse proprio dal patron viola. E siamo a quattro.

Per il quinto e ultimo stadio, ecco che si guarda con grande attenzione a Cagliari, dove il patron Giulini ha annunciato che spera come l’iter burocratico del nuovo Sant’Elia si concluda entro fine 2025, e Bologna. Anche nel capoluogo emiliano c’è un progetto ben avviato. Udine, a questo punto, servirebbe come buono di garanzia, anche se servirebbe una deroga UEFA, visto che il Bluenergy Stadium ha una capienza inferiore ai 30mila posti. Proprio per questo, la Regione si è detta pronta ad approvare delle tribune temporanee.

Sembra tagliato fuori il Sud Italia che poteva sperare con Napoli, ma le incomprensioni e il mancato accordo per la ristrutturazione del Maradona fra il Comune di Napoli e Aurelio De Laurentiis hanno tagliato definitivamente il capoluogo campano da ogni corsa per entrare nella lista delle cinque città ospitanti.

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