Calcionews24
·31 marzo 2025
Walter Sabatini: «Ecco cosa mi aspetto per i miei 70 anni. Ho fatto impazzire la mamma di Rabiot. Il mio errore più grande? All’Inter. Motta ha fallito alla Juve per questo»

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·31 marzo 2025
Walter Sabatini non ha solo fatto il direttore sportivo di diversi club in Italia. É anche un uomo dalle opinioni non scontate, un personaggio pirotecnico, mai banale in quel che dice. Oggi c’è una sua intervista su La Gazzetta dello Sport.
IL REGALO PER I 70 ANNI – «Nessuno. Regali e auguri mi imbarazzano. Ma una cosa c’è: l’autoperdono, per il senso di colpa che mi tormenta da sempre. Spero di svegliarmi presto con un senso di distacco. Lo devo alla mia famiglia, per la mia vita negli ultimi anni. La mia perenne insoddisfazione nasce dal fatto che so che avrei potuto fare di più e non ho timore di smentita».
IL SUO FUTURO – «Sono ancora motivatissimo a fare questo mestiere. Ma farò come George Clooney, a 70 anni mi dimetterò da un certo mercato, il voler piacere alla gente o alle donne, nella vita ci vuole dignità e decoro. Ma non mi dimetto dal calcio, lì non c’è cura».
PERCHÉ HA LASCIATO L’INTER – «Avevo discusso con Zhang, cose che succedono. E invece con le dimissioni mancai di rispetto a un’intera tifoseria. E non si perde una squadra come l’Inter così, non me lo perdonerò mai».
LA SUA LAZIO – «In Champions con un gruppo di ragazzi presi a condizioni lotitiane, tra prestiti e scadenze. Anche lì centrocampo meraviglioso: Ledesma centrale, Mutarelli e Mudingayi mezzali, Mauri trequartista. Campionato incredibile, con due punte top: Pandev e Rocchi».
IL GIOCATORE CHE AVREBBE VOLUTO – «L’unico vero grande rammarico è Rabiot, tutta colpa di sua madre, Veronique. L’anno prima il Psg mi aveva dato più di 30 milioni per Marquinhos, non potevo portarlo via a zero. Quando lei lo ha saputo è impazzita. Odiava il Psg, ma forse voleva pure i soldi dell’indennizzo, oltre ai 3 milioni di commissione. Ricordo Massara che traduceva, ma si vergognava di riversarle tutti gli insulti che le dicevo».
IL FALLIMENTO DI MOTTA ALLA JUVE – «A Bologna aveva giocatori asserviti al progetto, in un contesto familiare. Appena ha avuto una voce fuori dal coro, è saltato tutto. Un allenatore non deve essere simpatico ai giocatori ma deve saperci comunicare. E non solo con gli ordini».