Arturo Di Napoli: «Avrei potuto restare all’Inter, Mazzola mi prendeva a calci. Ho litigato con Giordano, ma gli voglio bene. Ero un ribelle e il mio rimpianto è questo» | OneFootball

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·20 de maio de 2025

Arturo Di Napoli: «Avrei potuto restare all’Inter, Mazzola mi prendeva a calci. Ho litigato con Giordano, ma gli voglio bene. Ero un ribelle e il mio rimpianto è questo»

Imagem do artigo:Arturo Di Napoli: «Avrei potuto restare all’Inter, Mazzola mi prendeva a calci. Ho litigato con Giordano, ma gli voglio bene. Ero un ribelle e il mio rimpianto è questo»

Arturo Di Napoli si racconta a la Gazzetta dello Sport, le sue parole: «Ero un ribelle e il mio rimpianto è questo»

A raccontare la sua carriera in tutti i passaggi su La Gazzetta dello Sport oggi c’è Arturo Di Napoli, ex attaccante, soprannominato Re Artù.

RIMPANTO – «Il mio rimpianto non è la Nazionale e neanche l’Inter, dove avrei potuto giocare di più, ma il fatto che mio padre, napoletano emigrato a Rozzano, non mi abbia visto esordire in Serie A con gli azzurri. Da piccolo mi portava allo stadio col bandierone. Mi mancherà per sempre».


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CALCOSCOMMESSE – «Quando il magistrato mi chiese come mai fossi finito in mezzo a quella storia. “Mi dispiace per la tua carriera”, disse. È stata un’irruzione nella mia vita, nella mia carriera, nel mio vissuto. Hanno infangato il cognome di mio padre con accuse infamanti con cui c’entravo zero: sono stato vittima di una serie di equivoci senza aver mai commesso niente. Quando scoppiò il casino, nel 2016, ero primo in Serie D con il Messina, poi ho allenato il Cologno senza stipendio e l’ho portato in Eccellenza. Andavamo a cercare i giocatori nei parchi o nei bar. Mi hanno strappato via il sogno di allenare tra i pro’».

RINUNCIA – «Sì, non alleno più. Ho aperto un’agenzia di scout, ne ho un’altra di immobili e aiuto mia moglie per la campagna elettorale nel mio quartiere. Sono rimasto legato. Quando giravo l’Italia mi chiamavano “il ragazzo di Rozzano”. Con Belinda sto da 7 anni, mi dà serenità. Le dico sempre che è stato mio padre a metterla sul mio cammino».

INIZI – «Giocavo nell’AC Rozzano, andai all’Inter per un milione di lire più attrezzature varie per la società. I miei compagni fecero una festa di una settimana. Il lunedì tornavo sempre da mia madre, le chiedevo di non dirlo a nessuno, ma ogni volta, sotto casa, c’era una processione. L’Inter mi ha reso un uomo, sono stato anche al compleanno di Moratti, ma sono sempre stato un po’ribelle. Ricordo i calci nel sedere di Mazzola quando mi spediva in prestito: “Hai le qualità per restare”, diceva».

RIBELLE – «Gigi Simoni, un altro maestro, mi ripeteva: “Eri una testa di c…”. Se fossi stato meno solista avrei debuttato in Nazionale. Davanti avevo Del Piero, Totti, Inzaghi, Vieri, Montella, oggi sarei titolare fisso. Sono nato in un’epoca sbagliata».

CON CHI HA AVUTO POCO FEELING – «Tanti. Uno con cui ho litigato e a cui voglio bene è Bruno Giordano, avuto a Messina. Una volta gli chiesi quanto fossi una testa di c…. Lui rispose “Tanto, ma eri anche tanto forte”. Con lui sbagliai io. Come le ho già detto, ero un ragazzo ribelle».

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