Cagliarinews24
·16 de maio de 2025
Cera: «Lo scudetto vinto con il Cagliari è ancora un bellissimo ricordo. Riva un mito del calcio italiano»

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·16 de maio de 2025
Pierluigi Cera, ex giocatore del Cagliari, si è raccontato in una intervista in esclusiva a La Gazzetta dello Sport ripercorrendo i momenti salienti della sua carriera. Vi riportiamo di seguito alcuni estratti delle sue dichiarazioni:
CARRIERA – «Gli allenatori mi stimavano, i compagni avevano fiducia in me. Probabilmente ero nato per fare il capitano. A Verona avevo vent’anni, ma quando parlavo i veterani mi ascoltavano. A Cagliari la fascia me la diede l’allenatore, “Sandokan” Silvestri. C’erano campioni in quella squadra. Gigi Riva, che però la fascia non l’ha mai voluta, Boninsegna, Albertosi, Domenghini, Nené. Sentivo addosso una grande responsabilità. Nel finale di carriera a Cesena fare il capitano fu una cosa naturale, avevo più di trent’anni, il veterano a quel punto ero io».
GIGI RIVA – «Un uomo schivo, timido, anche solitario, puro e leale. Ma se dovessi definirlo con un solo aggettivo direi che Gigi è stato un uomo serio. Non ha mai approfittato della sua popolarità, è stato il simbolo di quella squadra».
SCUDETTO CAGLIARI – «È ancora oggi un ricordo bellissimo. E dire che andai a Cagliari malvolentieri. La squadra era appena salita in Serie A, l’isola era davvero un mondo sconosciuto. Mi voleva l’Inter, ma ormai la trattativa era chiusa. Pensai: “Rimango una stagione e poi vado via”. Ci sono rimasto nove anni, praticamente metà della mia carriera».
SCOPIGNO – «Si era fatto male Tomasini, così mi spostò indietro. E fu la mia fortuna. A Verona giocavo davanti alla difesa, ma anche terzino, sapevo adattarmi. Da libero col Cagliari ho conquistato la Nazionale».
GIOCATORI APPREZZATI – «Ovviamente Riva per com’era e per quello che rappresentava, parliamo di un mito del calcio italiano. Mi entusiasmava Bobo Boninsegna, un centravanti gladiatore, con un coraggio che pochi avevano. A Cesena giocavo con Giorgio Rognoni, povero, se n’è andato giovane, a soli quarant’anni. Era un centrocampista offensivo di qualità, aveva un gran dribbling: avrebbe meritato una carriera migliore. Avevo una predilezione anche per Mario Frustalupi, dal punto di vista tattico era un fuoriclasse. E poi non posso non citare il Condor Agostini, il mio centravanti quando ero ds del Cesena: era svelto di piede e di pensiero».