Calcio e Finanza
·25 de janeiro de 2025
Calcio e Finanza
·25 de janeiro de 2025
La conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che il calcio ha ormai assunto un peso geopolitico ed economico planetario è emersa in tutta la sua evidenza in questi giorni:
Nello specifico, Infantino ha spiegato di aver discusso con Trump della Coppa del Mondo per Club di quest’estate e soprattutto della Coppa del Mondo per nazionali del 2026. Due tornei globali che saranno ospitati entrambi negli Stati Uniti e che hanno un notevole significato strategico per entrambi i personaggi:
Per quanto concerne Davos, invece, l’intervento di Beckham ha avuto come elemento pivotale il suo ruolo di ambasciatore dell’Unicef e proprio per questo l’ex calciatore ha parlato di giovani, di sviluppo sostenibile e del lavoro del suo “7 Fund”, che collabora con l’Unicef per sostenere i diritti dei bambini più vulnerabili. In particolare, l’ex stella del Manchester United e della nazionale inglese ha spiegato: «Non sono un politico né uno scienziato, ma so riconoscere una cosa: la forza di questo sport. Il calcio è lo sport più amato e può cambiare la vita delle persone». Però il fatto stesso che l’ex Spice Boy sia stato invitato in un contesto così elitario la dice lunga sulla importanza che il calcio ha assunto a ogni livello.
Lo stesso dicasi per il panel “Connection vs Connectivity: Tackling the Loneliness Epidemic” in cui era presente Uva e che aveva quali altri interlocutori:
L’obiettivo era analizzare come la dipendenza digitale nei giovani porti a una mancanza di attenzione e a uno sviluppo più lento di abilità sociali. In questo senso, ha spiegato Uva, il calcio può essere un antidoto in quanto una attività fisica costante a livello di squadra non solo aiuta le interazioni sociali ma anche amicizie e abilità di lavorare in team, anche perché mentre una persona è impegnata in una partita non può essere davanti a uno smartphone o a uno schermo. Inoltre, lo sport migliora il livello di salute mentale e contrasta ansia e sbalzi di umore.
Insomma, se il calcio mondiale nella sua missione di mantenere la leadership di sport più popolare del pianeta, aveva la necessità di essere presente nei principali eventi economici e politici a livello mondiale, non si può non dire che questo obiettivo sia stato centrato.
Non solo, ma per venire a temi più meramente economici, la Deloitte Money League ha messo in evidenza come i fatturati dei maggiori 20 club al mondo nella stagione 2023/24 siano cresciuti a 11,2 miliardi di euro, un livello del 6% superiore a quella precedente. E se si allarga il campo ai primi 30 club questo dato sale del 6,5%.
Senza dubbio un dato incoraggiante anche se poi la solidità dei club non è tanto data dai ricavi, per quanto importantissimi, ma dal loro bilanciamento con i costi. Non va dimenticato per esempio che nel 2023 era emerso che il Barcellona dominava di fatto in termini di ricavi rispetto agli altri top club, però qualche giorno più tardi la stessa società catalana ammise di avere avuto oltre 1,3 miliardi di debiti. E quindi di essere stata sull’orlo dell’insolvenza.
In questo quadro, come svelato da Calcio e Finanza i conti della Serie A nella scorsa stagione hanno visto un ulteriore miglioramento da un punto di vista dei ricavi ma anche dell’ultima riga dei bilanci, quella cioè del risultato netto: seppur ancora in perdita, infatti, il rosso aggregato dei club del massimo campionato è sceso da 441 a 369 milioni di euro, a fronte di ricavi pari a 3,8 miliardi e costi per 3,9 miliardi: le spese rimangono ancora superiori alle entrate, ma il fatturato ha visto un aumento del 7% tra il 2022/23 e il 2023/24 rispetto al 5% dei costi.
Una crescita del fatturato che è significativa soprattutto considerando la stagnazione dei diritti tv, pari a complessivi 1,47 miliardi (nel 2018/19, prima della pandemia, erano stati complessivamente 1,37 miliardi) e un livello di entrate dal calciomercato (780 milioni) anch’esso stabile rispetto agli anni precedenti. La spinta così è arrivata dai ricavi commerciali e anche da quelli da stadio, due temi fondamentali per cercare di ridurre il gap dall’estero.
Guardando però i dati da un altro punto di vista, emerge comunque come i costi siano ancora decisamente troppo alti. Il 77% dei ricavi infatti viene investito per quanto riguarda il costo del personale (1,96 miliardi rispetto a 1,88 miliardi nel 2022/23), gli ammortamenti dei calciatori (811 milioni rispetto a 772 milioni) e i costi del calciomercato. Un valore che i club devono cercare di diminuire, provando però al tempo stesso a mantenere alta la competitività in campo (dimostrata anche dai risultati europei): una sfida non semplice ma decisiva nella ricerca della sostenibilità economica.