Cagliarinews24
·22 de maio de 2025
Domenghini: «Con Gigi Riva fratelli, Europei ’68 un’emozione pazzesca. Ma quel Mondiale…»

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·22 de maio de 2025
Angelo Domenghini, classe 1941, è un nome inciso nella storia del calcio italiano. Ala destra veloce e imprevedibile, ha saputo imporsi come uno dei protagonisti assoluti del panorama nazionale tra gli anni Sessanta e Settanta. Con la maglia della Nazionale, ha conquistato l’Europeo del 1968 e sfiorato la gloria mondiale nel 1970, quando l’Italia si arrese soltanto al Brasile di Pelé nella finale di Città del Messico.Anche nei club ha lasciato un segno profondo, indossando le maglie di diverse squadre di prestigio. Tra queste, il suo passaggio al Cagliari è stato tra i più significativi.
In una lunga intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport il 22 maggio 2025, “Domingo”, come veniva affettuosamente soprannominato, ha raccontato con nostalgia alcuni dei momenti più intensi vissuti con la squadra rossoblù e con la maglia della Nazionale. Emozioni autentiche di un calcio d’altri tempi, che ancora oggi scaldano il cuore degli appassionati.
CAGLIARI E GIGI RIVA – «A Cagliari ho vissuto anni bellissimi, un ambiente fantastico e una tifoseria calorosa. Con Gigi Riva eravamo più che compagni di squadra, eravamo come fratelli. Un uomo silenzioso, un amico vero e un attaccante di una potenza devastante. Quando eravamo in campo insieme, c’era un’intesa speciale, ci capivamo al volo. La sua scomparsa è stata un dolore immenso per me e per tutti gli italiani che lo hanno amato. Un simbolo, come giocatore e come uomo».
SCUDETTO SFIORATO – «Eravamo una squadra fortissima, con giocatori di grande talento. Quell’anno (1968-69) ci andammo vicinissimi, poi arrivò la Fiorentina. Sono convinto che se fossi rimasto un altro anno, avremmo potuto festeggiare insieme a Gigi e agli altri ragazzi. Ma il calcio è fatto anche di queste sliding doors».
EUROPEO 1968 – «Vincere l’Europeo in casa, a Roma, nel 1968, fu un’emozione pazzesca, indescrivibile. Eravamo una bella squadra, molto unita, guidata da un grande commissario tecnico come Ferruccio Valcareggi. Ricordo l’entusiasmo della gente, le piazze piene. Contro la Jugoslavia in finale fu durissima, una battaglia vera. Servì la ripetizione per avere la meglio, ma alla fine alzammo quella coppa ed entrammo nella storia. Fu un trionfo per tutta l’Italia».
MONDIALE 1970 MESSICO – «Il Mondiale del Messico nel ’70 è un ricordo straordinario, anche se con un finale amaro. Arrivammo in finale contro un Brasile stellare, forse la squadra più forte di tutti i tempi, con Pelé, Tostão, Rivelino, Jairzinho… Perdemmo quella partita, ma fu comunque un’avventura incredibile. La semifinale contro la Germania Ovest, il famoso 4-3 all’Azteca, è una partita che è entrata nella leggenda del calcio mondiale, un’altalena di emozioni che ancora oggi fa venire i brividi solo a pensarci. Peccato per l’epilogo contro i brasiliani, arrivammo un po’ stanchi a quella finale, ma facemmo il massimo».
MARCARE I GRANDI NUMERI 10 – «Era il mio compito in certe fasi della partita o quando giocavo più arretrato. Ho marcato Pelé, quando giocai contro il Santos con la Nazionale o in altre occasioni. E poi i grandi numeri 10 del campionato italiano dell’epoca, come Rivera o Haller quando ero all’Inter, ma anche in Nazionale dovevi confrontarti con i migliori. Gente che ti faceva ammattire, con una tecnica sopraffina. Non ero cattivo, ma dovevo essere arcigno, usare l’astuzia e il mestiere per limitarli. Qualche calcetto, qualche tirata di maglia… faceva parte del gioco di allora, c’era un altro tipo di agonismo».