PianetaSerieB
·15 de novembro de 2024
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·15 de novembro de 2024
Ha destato curiosità, fatto rumore e portato al fine desiderato l’ennesima mossa di Pep Guardiola per sparigliare il Gioco. Manchester City-Sparta Praga dello scorso 23 ottobre (5-0, ça va sans dire) ha generato la massima diffusione mediatica dell’ultima idea dell’iconico tecnico catalano.
Attirare per stanare è una locuzione che nel calcio contemporaneo ha trovato oramai capillare diffusione, essendo rappresentazione di un principio noto, forse definibile comune, sicuramente definito nel fine: stuzzicare l’avversario, pazientare fino al momento della pressione, accettarne il potenziale pericolo e sfruttare, con le opportune scelte e un timing perfetto, il campo inevitabilmente liberatosi. Un discorso che Guardiola, come dimostrato nel seguente video, con Akanji protagonista, ha senza alcun dubbio elevato all’ennesima potenza, mostrando l’intenzione di voler temporeggiare per tanti – tantissimi – secondi, quasi gigioneggiando in attesa dell’opponente ed evitando qualsiasi forzatura. Un modo – appunto – per attirare e, al contempo, rifiatare.
Ciò che si vede ai più alti piani del calcio viene inevitabilmente sottolineato, studiato, posto sull’altare, chiacchierato in ogni forma di dibattito. Raccontare il calcio può (e deve) allargare i confini, trovare punti di contatto, costruire ponti e assottigliare distanze, senza temere iperboli ma fortificando i concetti anche attraverso riferimenti forse controintuitivi, sicuramente arditi. Ecco che, dunque, accostare il Mantova di Davide Possanzini al mastodontico club inglese diventa un momento di condivisione e non una risibile battuta.
A detta del sottoscritto, l’immeritata sconfitta sul campo del Sassuolo è l’ulteriore indizio che raggiunge lo status di prova per esemplificare quanto poc’anzi scritto. Il Mantova ha costantemente rallentato la prima costruzione passeggiando a ridosso della propria area di rigore per attendere e stanare (rieccoci) i neroverdi. Un principio di gioco che poggia notevolmente la propria buona riuscita sul coinvolgimento, al responsabilizzazione e la precisione dei difensori centrali Brignani e Redolfi, ma i dati della partita (e il paragone con gli avversari Odenthal e Romagna, pur avendo il Sasol tutt’altra intelaiatura) hanno rivelato come i due abbiano sicuramente ben performato.
Fonte dati: sito ufficiale Sassuolo
La sconfitta per 1-0, nel processo di costante consolidamento della propria identità tattica (leggasi: simili prestazioni vanno ben oltre il tabellino, in quanto foriere di risultati nell’immediato futuro), non cancella quanto di buono fatto (come ulteriore riferimento: Akanji, nel summenzionato match contro lo Sparta Praga, ha completato 103 passaggi, con una precisione del 93,6%, dati non troppo superiori a quelli di Brignani e Redolfi).
Una compagine, quella sapientemente allenata da Davide Possanzini, che sta giocando un calcio tale da generare sensazioni e stimoli finalmente accostabili a quelli del Piccolo Brasile di Fabbri e Allodi, che a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 distribuiva grande calcio per tutta la penisola, fino al meritato culmine della promozione in Serie A.
Libera dalle catene dei dogmi e corroborata dal combustibile delle idee, il Mantova ha un’identità rimarcabile e camaleontica, così sviluppata – come le grandi squadre, per restare in tema, insegnano e suggeriscono – da poter essere modellata in base alle caratteristiche e alla proposta dell’avversario. Segue questo filone argomentativo, dunque, la differente ricerca mostrata nella partita successiva, contro il pressing alto e ripetuto – pur con delle lacune – della Cremonese, che i biancorossi scavalcavano con giocate molto più rapide e verticali, volte a disordinare le intenzioni della Cremo.
Il Gioco per moltiplicare il talento e confezionare imprese, il lavoro per rendere reali i sogni e rivelarsi Golia agli occhi di chi menzionava Davide e nitriva sentenze affrettate. Sì, il Mantova ha dimostrato di poter e saper ricordare il Manchester City.