Inter, scontri diretti, rimonte, infortuni e cali di concentrazione: ecco come i nerazzurri hanno perso lo Scudetto | OneFootball

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·24 de maio de 2025

Inter, scontri diretti, rimonte, infortuni e cali di concentrazione: ecco come i nerazzurri hanno perso lo Scudetto

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Inter, ecco cosa è andato storto nella corsa Scudetto: scontri dirette, rimonte, statistiche infortuni e cali mentali

La stagione 2024/25 dell’Inter, iniziata con grandi aspettative dopo lo Scudetto della seconda stella, si è trasformata in un lungo inseguimento frustrante, culminato nella vittoria del Napoli. I nerazzurri, partiti da favoriti, si sono smarriti tra fragilità tattiche, cali mentali, infortuni chiave e scelte di mercato inefficaci, in una parabola discendente fatta di occasioni mancate e segnali d’allarme ignorati. Il titolo sfumato è stato il risultato di tanti piccoli cedimenti che, sommati, hanno fatto crollare un castello che sembrava solido.

Uno dei fattori determinanti è stato il rendimento negli scontri diretti: troppo pochi i punti raccolti contro le big, a fronte di un Napoli quasi impeccabile. L’Inter ha faticato a imporsi nei momenti chiave: i pareggi beffardi, le sconfitte pesanti e le mancate reazioni nei finali concitati hanno segnato il passo, facendo emergere limiti strutturali e mentali. I nerazzurri hanno raccolto appena 21 punti su 48 contro le prime nove della classifica, dimostrando una preoccupante difficoltà a imporsi nei match ad alta tensione. Al contrario, il Napoli ha capitalizzato questi scontri con 30 punti, costruendo la propria corsa Scudetto su solidità e cinismo.


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Ma non sono mancate le delusioni contro avversarie più modeste: pareggi e sconfitte evitabili contro squadre di medio-bassa classifica come Monza, Parma e Genoa hanno rappresentato ulteriori zavorre. Se il titolo si vince spesso nelle partite più “facili”, l’Inter ha pagato la mancanza di continuità e lucidità, lasciando troppi punti per strada. A rendere il tutto più frustrante, la frequenza delle rimonte subite: sei in totale, con 12 punti persi da situazioni di vantaggio. Partite come il rocambolesco 4-4 con la Juventus o i pareggi beffardi con Lazio e Parma hanno mostrato i limiti di una squadra incapace di gestire e difendere il risultato.

Il punto di non ritorno si è avuto nel cosiddetto “trittico del crollo”, tra aprile e maggio, quando in una settimana l’Inter è caduta contro Bologna, Milan e Roma, compromettendo definitivamente la corsa al titolo. Proprio in quel momento decisivo, l’assenza di Thuram ha fatto emergere tutte le carenze offensive e la mancanza di soluzioni alternative. Anche altri infortuni – da Acerbi a Calhanoglu, da Dumfries a Lautaro – hanno condizionato pesantemente la stagione. Il mercato, poi, non ha portato rinforzi all’altezza: Zielinski non si è mai integrato davvero e Taremi ha segnato appena un gol in campionato, lasciando l’attacco povero di soluzioni.

L’efficacia offensiva è calata drasticamente rispetto alla stagione precedente: 79 gol contro gli 89 del campionato vinto, con Lautaro a quota 12 reti (solo 5 nel ritorno) e un centrocampo che ha inciso pochissimo in zona offensiva. Il gioco, troppo prevedibile, ha sofferto di un’eccessiva rigidità: l’Inter è stata l’ultima squadra della Serie A per dribbling riusciti, sintomo di una mancanza di imprevedibilità e di un attacco troppo schematico.

Nemmeno la difesa ha offerto le certezze del passato: 35 gol subiti, di cui ben 11 oltre l’80’, parlano di una squadra che ha perso solidità e concentrazione nei momenti decisivi. La Champions League, dove l’Inter ha mostrato una mentalità più determinata, ha probabilmente sottratto energie fisiche e mentali al campionato, innescando un logoramento progressivo. La pressione psicologica di dover confermare il titolo ha fatto il resto: la squadra ha spesso dato l’impressione di essere convinta di poter vincere con il minimo sforzo, peccando di superficialità nei momenti chiave.

Nel complesso, la stagione dell’Inter è stata segnata da un’involuzione collettiva: mentale, tattica e fisica. Un campanello d’allarme per il futuro, dove serviranno scelte più coraggiose, maggiore varietà nel gioco e una mentalità capace di reggere davvero il peso dell’ambizione.

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