Melis (Resp. Cagliari calcio a 5 femminile): «Ragazze, non fatevi dire che non potete giocare. E sugli stranieri…» – ESCLUSIVA | OneFootball

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·03 de outubro de 2024

Melis (Resp. Cagliari calcio a 5 femminile): «Ragazze, non fatevi dire che non potete giocare. E sugli stranieri…» – ESCLUSIVA

Imagem do artigo:Melis (Resp. Cagliari calcio a 5 femminile): «Ragazze, non fatevi dire che non potete giocare. E sugli stranieri…» – ESCLUSIVA

Cagliarinews24 ha parlato con Corrado Melis, presidente della Mediterranea Cagliari e responsabile del progetto Cagliari Calcio a 5 Femminile

È ufficialmente cominciata la stagione del Cagliari Calcio a 5 Femminile. Il progetto, nato grazie a un accordo tra il Cagliari Calcio e la Mediterranea Cagliari, storica società isolana e punto di riferimento del futsal sardo da trent’anni, intende supportare e rafforzare il movimento del Calcio a 5 femminile. L’accordo, sancito dopo la promozione della Mediterranea femminile dalla Serie B alla Serie A, consente al Cagliari Calcio di vantare il proprio simbolo nel massimo palcoscenico nazionale del futsal.

Un ruolo centrale nella nascita del progetto va attribuito al partner Gruppo Grendi, società leader nel settore del trasporto merci marittimo: valorizzazione di giovani talenti, crescita multilaterale e ambizione sportiva accomunano le parti coinvolte. Attività di base e sociali, numero di tesserati, stereotipi di genere, ampliare il professionismo e pari opportunità sono soltanto alcune delle sfide che il mondo dello sport deve necessariamente combattere nel presente. Di questo, Cagliarinews24 ha parlato con Corrado Melis, presidente della Mediterranea Cagliari e responsabile del progetto Cagliari Calcio a 5 Femminile:


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Per la prima volta il Cagliari Calcio entra nel mondo del futsal, grazie alla partnership con la Mediterranea: quali sono le motivazioni che hanno spinto la società rossoblù a intraprendere il progetto e quali gli obiettivi a breve e lungo termine?

«Ritengo che il Cagliari Calcio volesse esplorare ulteriormente l’attività nel femminile e, allo stesso tempo, affacciarsi al mondo del calcio a 5, che ha delle forti connessioni con il calcio, anche in termini di propedeuticità. Questa partnership consente al club rossoblù di fare entrambe le cose, partendo dal massimo campionato  e consentendo ai propri vivai – per ora nel femminile – di “assaggiare” il futsal e le sue metodologie di allenamento».

Diverse società del panorama calcistico italiano (vedi Juventus, Bologna, Roma, Lazio) hanno scelto di affiancare a scuola calcio e settore Femminile il Calcio a 5 come attività di base. Quanto il futsal può essere un valido supporto al Calcio a 11?

«Sicuramente può esserlo. Nel calcio a 5 si ritrovano intrinsecamente alcune dinamiche che si stanno diffondendo anche nel calcio moderno. Penso all’intercambiabilità dei ruoli, alla riduzione dei tempi della giocata, conseguenza delle marcature a tutto campo (e dunque alla necessità di pensare più in fretta, ma anche di essere più accurati negli stop e nei passaggi), fino all’uso dei piedi da parte del portiere. Tutte queste attitudini che oggi gli allenatori richiedono ai propri giocatori, nel futsal sono allenate naturalmente a causa della velocità del gioco e degli spazi ridotti. In questo senso, se da bambino gioco a futsal, acquisirò naturalmente delle capacità che poi mi aiuteranno nel “campo grande”. D’altro canto, come faceva notare già il grandissimo Horst Wein, imparare a giocare a calcio è molto complicato e per aiutarsi è necessario scomporlo e ridurlo: il calcio ha 5 può essere una versione del calcio molto più adatta per i bambini, nella fase di apprendimento».

Lo sport e il sociale sono inevitabilmente interconnessi. In Italia il calcio è ancora visto come un ambito prettamente maschile: quanto c’è ancora da lavorare per combattere gli stereotipi di genere?

«Tantissimo. Il calcio è uno degli ambiti nei quali gli stereotipi di genere si manifestano di più in Italia (in molti paesi del mondo occidentale la situazione è migliore). Ma forse proprio per questo può essere usato per scardinare questo modo di pensare, secondo il quale le ragazze non devono giocare a calcio, o , comunque, la loro è un’attività di serie B. Con il nostro progetto We Can Play Futsal proviamo a fare proprio questo. Andiamo nelle scuole a far provare il futsal (ma in questo caso non è importante che si giochi a 5 o a 11) alle alunne, mostrando loro quanto è divertente. Allo stesso tempo, facciamo dei laboratori di empowerment femminile, il cui fine è dire loro: non fatevi dire che non potete giocare a calcio, né che non potete fare l’amministratore delegato in un’azienda, né ancora che dovete guadagnare di meno di un uomo. Devo dire che che il Cagliari ha sposato con entusiasmo il progetto, così come la Dottoressa Costanza Musso, amministratrice delegata del Gruppo Grendi, azienda che ci supporta in questa avventura sportiva ma anche in questa crociata di civiltà».

Nella scuola calcio, in Italia, fino a una certa età vengono le categorie ammettono una selezione mista di genere. Questo aiuta le bambine a inserirsi nel mondo del Calcio, o rappresenta, talvolta, un ostacolo alla crescita tecnica e individuale della giocatrice?

«Le tesserate in Italia sono passate dalle 18854 del 2008 alle quasi 43mila del 2023. Nella stagione 22/23 però i maschi tesserati sono oltre un milione. Esiste una norma, in teoria giustissima, che rischia di essere controproducente. Nell’attività di base, fino ai 12 anni, maschi e femmine potrebbero giocare insieme come prescritto dalla Federazione. Ma in pratica questo meccanismo porta ad un corto circuito che inibisce la partecipazione femminile. Mi spiego. Una bambina che convince i genitori ad esser portata alla scuola calcio (li deve convincere, perché di solito loro non sono troppo d’accordo – e si torna alla mentalità della quale ho appena detto) si ritrova in un gruppo in cui ci sono 14 maschietti più lei. Anche se in perfetta buona fede, i maschietti tenderanno a “fare comunella” tra loro, di fatto rendendo difficile il suo inserimento. Il risultato è che dopo alcune prove la bambina abbandona, e, di fatto, non giocherà più a calcio, associandolo ad un’esperienza non positiva. In questo modo gruppi pensati come misti, per favorire la partecipazione femminile, di fatto la ostacolano. Aggiungo che, paradossalmente, questo porta allo sviluppo di alcune calciatrici eccezionali: quelle la cui passione è così forte da far loro superare le difficoltà iniziali e che, a forza di allenarsi in contesti maschili, sviluppano skills notevoli. Ma il gol non è quello di avere poche giocatrici eccezionali, ma di avere tante donne che giocano!».

Le Federazioni stanno cercando di coinvolgere maggiormente ragazzi e ragazze nei campionati nazionali di Calcio a 5. Lo fanno promuovendo riforme che limitano il numero di stranieri nelle liste di gara, e impongono la presenza di un certo numero di fuoriquota Under. Esiste il rischio concreto di abbassare il livello dei campionati, ma allo stesso tempo invoglia le società a investire su settori giovanili e progetti a lungo termine. Cosa pensa a riguardo?

«Sono un fautore del “nudge”, la spinta gentile. Ovvero creare regolamenti che portano a comportamenti virtuosi, senza imporli. La sopravvivenza delle società di futsal, nel maschile quanto nel femminile, passa dalla creazione dei vivai. Con i giocatori stranieri posso provare a vincere subito, ma nel medio/lungo periodo i costi sono troppo alti e sarò costretto a chiudere. E questo è successo negli anni decine e decine di volte nella breve storia del nostro sport. Se faccio crescere in casa i miei giocatori e le mie giocatrici avrò una gestione economica molto più sostenibile. Il problema è che un albero non cresce in un giorno o in un anno. Devo avere una certa pazienza e saper programmare».

Si ringrazia Corrado Melis per la disponibilità e gentilezza mostrata nel corso di questa intervista

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