PianetaChampions
·04 de fevereiro de 2025
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·04 de fevereiro de 2025
Alberto Gilardino, ex allenatore del Genoa, ha rilasciato una lunga intervista a “La Gazzetta dello Sport”: “Ho avuto modo e tempo di metabolizzare e di dedicarmi nel primo mese a mia moglie e le mie tre figlie. Il lavoro di allenatore ti preclude tanto nella vita privata. Gli ultimi due anni e mezzo sono stati una continua full immersion. Andavo al campo alle 7 di mattina o lo lasciavo alle 20 di sera: con il mio staff abbiamo dato tutto, lavorando minuziosamente su ogni particolare per tirare fuori il meglio dalla squadra. Durante una stagione i tecnici ogni tanto diventano un po’ orsi, l’umore della settimana cambia in base ai risultati: gioie e delusioni, tensioni e problemi… E’ una professione bellissima, ma totalizzante che richiede passione e dedizione quasi assolute: anche per questo la famiglia era rimasta in Toscana e la vedevo solo dopo le partite. Adesso mi sono un po’ riappropriato del mio privato.
Un’esperienza all’estero? Non necessariamente, a dire la verità preferirei dare continuità alla mia esperienza in A adesso. L’inglese ti apre le porte di tutti i campionati, ma serve anche in Italia vista la quantità di stranieri in ogni squadra. Riuscire a comunicare, dare consigli, farsi capire bene, aumenta l’empatia e consente di far rendere al meglio i giocatori. Un tempo andare a giocare o ad allenare in un altro Paese era considerato una avventura da pionieri, oggi invece è normale e se arrivasse una proposta interessante la valuterei con attenzione.
Balotelli? La scelta di prendere Balotelli era una sfida per entrambi e avrei provato a vincerla. Nell’ultima fase della mia carriera da giocatore ho ricevuto tante porte chiuse in faccia. So che rabbia e voglia di rivincita possano esserci in un atleta che sente di avere ancora qualcosa da dare. Avevo percepito questo in Mario. Gli auguro di riuscire a dimostrarlo.
L’avventura al Genoa? Un viaggio incredibile da un punto di vista professionale e umano, ricco di soddisfazioni,di emozioni e di esperienze. L’esonero non macchia la storia, anche semiha lasciato grande amarezza: fa parte del nostro mestiere e anche da queste delusioni si devono trarre insegnamenti. Presi la squadra in corsa dalla Primavera e tornare in A dopo solo un anno dalla retrocessione non era scontato. Ci siamo riusciti anche grazie alla grande coesione tra club, squadra e tifosi. Ed è stato il segreto anche della salvezza con l’undicesimo posto e 49 punti: record di sempre del Genoa da neopromosso. Ma al di là dei risultati per un tecnico è importante il percorso, la crescita, il lavoro svolto per il club anche a livello di valorizzazione della rosa.
Cos’è cambiato a un certo punto con la società? C’è sempre qualche dirigente con cui hai più feeling e qualcuno che magari può essere meno convinto del tuo valore. Il mio riferimento è sempre stato il presidente Zangrillo che anche nelle difficoltà ha dimostrato lealtà, aiuto, vicinanza: un uomo saggio e di spessore. Non nego però che la sensazione di non essere mai stato nelle grazie di qualcuno mi abbia lasciato la cattiva sensazione, nei momenti più difficili, di essere sempre in discussione“.